I Queen senza dubbio sono stati una di quelle rare band che hanno
saputo generare negli anni un seguito di fans davvero invidiabile
e non è stato solo per il carisma del leader scomparso, era
l’alchimia fra tutti e quattro che aveva dato origine al mito,
un po’ come è avvenuto per tutti i più grandi,
rotta l’alchimia è sempre rimasto molto poco, lo sappiamo,
l’abbiamo visto nei numerosi progetti solisti troppo spesso
deludenti, anche per gli stessi fans, ma la forza espressiva di questi
grandi gruppi è sempre sopravvissuta e oggi viene spesso perpetrata
dalle tanto discusse tribute band. Non sono mai stato un amante di
tribute e cover band in genere, soprattutto quando il gruppo originale
è ancora saldamente in attività (almeno nei suoi membri
più rappresentativi). Ovviamente il discorso cambia quando
la possibilità di vedere all’opera gli originali è
diventata impossibile, allora credo invece che sia doveroso tenere
viva la tradizione di tutte quelle band che ci hanno regalato grandi
emozioni, è così per tutti i grandi generi musicali,
dalla classica al jazz e perché non dovrebbe esserlo anche
per il rock? Come avrete quindi capito i Killer Queen tengono in vita
il mito di Mercury e soci da circa diciotto anni, nei quali hanno
fatto oltre cinquecento concerti in tutta Europa. Sappiamo che i Queen
si sono riformati, ma senza Mercury non sono proprio la stessa cosa.
In occasione del ventesimo anniversario dell’ultimo album inciso
dai Queen, con Freddie già gravemente malato, nonostante questo
è risultato il disco di maggior successo della band inglese,
i Killer Queen hanno riproposto a Firenze l’intero album con
l’aggiunta di alcuni dei brani più celebri del quartetto.
Per l’occasione accompagnati dall’Oversea Orchestra diretta
da Orio Odori e da due ospiti, Fabrizio Checcacci alla voce e Antonio
Gabellini alla chitarra acustica. Si parte con una manciata di classici
di fronte ad un folto pubblico, le riprese sono belle e mentre scorrono
le note di pezzi come “I Want it All”, “Fat Bottomed
Girls” o “I Want to Break Free” le emozioni sono
tante, i Killer Queen sono bravi a ricreare il sound degli inglesi,
non hanno copiato la teatralità, non cercano di assomigliare
ai loro idoli nel look, ma solo nella musica e tanto basta per infiammare
i presenti che reagiscono bene. Certo la voce di Freddie non è
di quelle facili da imitare, ma la prova di Raffaele Lombardi è
davvero buona, per non parlare di Checcacci, davvero molto bravo anche
lui. Grande spazio all’orchestra in una toccante “Who
Wants to Live Forever”. Poi, dopo “Somebody to Love”,
parte il giro di batteria di “Innuendo” e si inizia a
respirare un’aria davvero magica, ottimo il rock sostenuto dal
tappeto offerto dall’orchestra, tutto assume un aura solenne
e magniloquente, del resto questo brano si presta molto a questo trattamento.
La parte in flamenco, originariamente eseguita da Steve Howe, qui
è totalmente affidata all’orchestra, ma a parte questo
la resa di tutto il brano è da brividi. Toccante “I’m
Going Sligtly Mad” e trascinante come sempre “Headlong”,
ma tutto il disco viene riproposto con passione. Terminate le note
della commovente “The Show Must Go On” si riprende con
quattro classici per l’apoteosi finale: “Crazy Little
Thing Called Love”, non potevano certo mancare “Bohemian
Rhapsody”, l’inno “We Will Rock You” e “We
Are the Champions” e la festa si chiude con tutto il pubblico
entusiasta.
Credo che in fondo sia una bella testimonianza, sia per chi era presente,
che potrà rivivere le belle emozioni della serata, sia per
chi non c’era, per omaggiare la bravura di questi musicisti,
sia per tenere vivo il ricordo di Mercury, che è stato così
bene omaggiato da questa volonterosa band. GB
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