Belinda Kordic viene dalla Svezia ed ha messo in piedi questo progetto 
            solista dove propone canzoni prevalentemente acustiche, dal forte 
            sapore folk americano, con delle tinte fortemente gothic. Per farvi 
            un’idea potrei dire che ricorda una versione sognante ed edulcorata 
            di Nick Cave. Belinda in precedenza ha militato in un gruppo metal 
            di nome Stabb, che non conosco, ma non ho altre note biografiche che 
            accompagnano questo cd e nella rete ho trovato ben poco, per cui credo 
            che questo sia il primo album di questa cantante a nome Killing Mood. 
             
            Just Another Love Song è uscito nel 2009 ed ha raccolto buoni 
            consensi di critica, ma personalmente non l’ho trovato poi così 
            interessante. La musica proposta in questo disco è un folk 
            di stampo americano, che ricorda certo country blues, la voce di Belinda 
            è quasi sempre sospirata, ha personalità, ma alla lunga 
            distanza è anche piuttosto sonnacchiosa. Il primo dei dodici 
            brani è la ballata simil country “Dancing With the Damned”, 
            che ricorda perfino certe cose delle colonne sonore dei film western, 
            musicalmente molto poco originale, mentre piacevole è il ritornello, 
            un po’ ruffiano, cantato dalla Belinda. “Still” 
            è molto più lenta ed atmosferica e col cantato delicato 
            della nostra non acquista spessore, brano soporifero. “Devils 
            Robe” presenta una melodia piacevole, nulla più, così 
            come molto carina risulta anche “If I Could”. Tutti i 
            brani girano attorno al tema dell’amore, di un amore romantico 
            e disperato, maledetto. “Love Burns” ricorda vagamente 
            “The Guns of Brixton” dei Clash, le citazioni continuano, 
            mentre continua a latitare l’orginalità. Mi viene in 
            mente anche una b-sides dei Lords of the New Church, dal sapore simil 
            western, dal titolo “Gun Called Justice”. 
             
            Nel suo complesso questo album è carino, ma non graffia mai, 
            accontenta la bocca ma non lascia un sapore persistente, passa via 
            come un po’ di acqua fresca in una torrida giornata di piena 
            estate, da solo un breve sollievo e nulla più. GB 
             
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