Un manipolo di veterani della scena hard core punk newyorkese ha dato
vita a questa band che presenta il secondo album, nato sotto la produzione
di Sanford Parker (Yob, Zoroaster, Unearty Trance) e che è
stato mixato da David Bottrill (Tool, Muse, King Crimson). Gli ingredienti
dei Kings Destroy sono semplici, un doom stoner molto heavy, che non
lascia un attimo di tregua all’ascoltatore.
A Time of Hunting è una raccolta di canzoni decisamente pesanti,
che offrono un contributo sufficientemente personale a questo genere
senza tempo. Si incomincia con la sabbathiana “Stormbreak”,
un brano possente e oscuro, che chiarisce subito le intenzioni di
questi musicisti. I confini del sound della band sono chiari, riff
mastodontici, un drumming pesante, ovattato, con un basso pulsante
e cavernoso e un cantato graffiante, quasi buttato in faccia con rabbia
all’ascoltatore, come fosse un pugno. Se possibile “The
Toe” è ancora più massiccia e oscura, il ritmo
è più lento e la batteria sembra segnare i colpi del
destino, un brano sofferto, impregnato di pathos drammatico. “Casse-tête”
è puro Black Sabbath style, un pezzo che Iommi e compagni non
disdegnerebbero di avere in repertorio e che i Kings Destroy propongono
con orgoglio. Molto sofferta e mesta è “Decrepit”,
il ritmo rallentato è quanto mai efficace, certo deve piacere.
Queste sono le coordinate di tutto il disco, che non si discosta e
non ha cedimenti di sorta, un’opera solida come si conviene,
un disco che è già un classico del genere.
Il sound dei KD è sicuramente personale, ma non è certo
innovativo, il loro contributo non segna nuovi confini, ma tiene viva
una tradizione che a quanto pare non vuole proprio morire, la tradizione
di un genere musicale che da anni vince contro ogni regola commerciale
e contro ogni moda passeggera. GB
Sito Web
|