La Francia non è che sia una grande produttrice di musica Metal, 
            almeno per quello che riguarda la qualità, ma nel complesso 
            l’impegno nel volere emergere è paragonabile al nostro. 
            I Kragens si formano a Nizza verso la fine del 2000 grazie all’intuito 
            del duo chitarristico Ludwing Laperche e Cedric Seillier. Dopo il 
            buon debutto dal titolo “Revelation 2004” è la 
            volta del nuovo “Seed Of Pain”. 
             
            L’approccio sonoro è particolarmente variegato, si miscelano 
            Metal Trash, Death e Prog con un pizzico di furbizia commerciale, 
            ma il merito di cotanta audacia è riconducibile al cantante 
            Renaud Espeche e alla sua versatilità vocale. La sua voce passa 
            dal growling al gridato sino a raggiungere passaggi puliti alla Geoff 
            Tate (Queensryche). 
             
            “Seed Of Pain” apre il disco e non lascia dubbi sulla 
            direzione artistica mettendo in evidenza anche la buona registrazione 
            degli strumenti. La successiva “The Last” urla ancora 
            rabbia e a tratti unisce Cradle Of Filth ad Obituary, ma al suo interno 
            gli assolo di chitarra accompagnano il canto verso lidi decisamente 
            più progressivi. La ritmica composta da Denis Maiek al basso 
            e da Oliver Gavelle alla batteria è buona, peccato per il suono 
            del basso relegato ad un posto troppo di sottofondo. I francesi menano 
            gli strumenti anche nella successiva “Danger Of Death”, 
            cristallina la capacità esecutiva dell’insieme. Metal 
            con la “M” maiuscola anche in “Darkness”, 
            i Kragens proseguono come un rullo compressore, le canzoni sono ben 
            strutturate e molto personali, adatte alle esibizioni live cariche 
            d’energia e con buoni ritornelli da cantare assieme. 
            “I Choose To Die” è molto stile Queensryche, un 
            momento di respiro in tanta polvere sonora, Renaud fa troppo il verso 
            a Tate, ma nel complesso il pezzo è gradevole. Dopo di che 
            ricominciano i riff pesanti, non si fanno sconti, da “Reconquista” 
            a “Dream In Black”. “Over The Deadline” è 
            un momento ricercato restando pur sempre violento. Conclude “Sounderkommandos 
            Defy” senza respiro.  
             
            Ottimo disco questo dei francesi, come per i vini, gli spumanti ed 
            i formaggi vogliamo ingaggiare con loro una guerra di qualità? 
            No cari cugini, questa volta stiamo solo scherzando, siete bravi e 
            basta. MS
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