Già presenti con tre tracce (“No tomorrow”, “Silent
please” e “Storm’s song”, accluse pure al
presente) sulla compilazione “United Forces of Phoenix”
ed autori di tre demo (dei quali ebbi modo d’ascoltare l’ultimo
“Nausea” del 2005, il quale conteneva in nuce i germi
della loro virulenta arte sonora), i siculi KZL333 giungono al meritato
esordio sulla lunga distanza con “The naked void” lavoro
ascrivibile alla corrente post-punk più autarchica, come ampiamente
illustrato nella essenziale “Beyond the sunset”.
Il quartetto capitanato dal founding-member Enrico Anicito Guido,
personalità ben delineata che sicuramente non difetta in quanto
ad esplicità verbale, si lancia in assalti sonici all’arma
bianca, come nell’irruenta “Storm’s song”,
autentica bufera anche dal punto di vista lirico (“…rain
falls like bile of God…”), mitigando l’aura minacciosa
incombente sul disketto facendo sfoggio di decadente poesia urbana
(“No tomorrow”) che sovente omaggia lo stile scarno e
crepuscolare dei Joy Division, esaltato da una sezione ritmica concreta
(Raffaele Trimarchi – drums ed Angelo Musumeci – bass)
e da una chitarra affilata (Giancarlo Trimarchi). La costa orientale
di Trinacria con KZL333 abbraccia la tenebra fuggendo la benevola
protezione offerta dai raggi solari, “The boner” è
l’ennesimo esempio di lirica stralunata, prove della quale vengono
ulteriormente e generosamente distribuite lungo i solchi di TNV. Rifiutando
pervicacemente qualsisia menomo accento al modernismo (“…always
in revolt against the modern world…”) e facendo parco
uso della melodia, che comunque non manca, anche se interpretata con
piglio assai personale, i quattro baldi musici sono riusciti nell’impresa
di coniugare passato (al quale si rifanno ricorrendo consapevolmente
ad un sound dal marcato gusto retrò) e presente, coerentemente
rappresentato da testi di aperta denunzia d’un malessere strisciante
del quale non si può tacere (l’alienante “Esthetical
murder”), ricorrendo quando necessario ad architetture appena
un po’ più complesse, come nella tetramente maestosa
e poeticamente stralunata “Baptize me in the fire”.
Confezione in digipack, colla solita cura (che mai potrò lodare
compiutamente, in quanto ogni nuova uscita suscita in me ammirata
stupefazione), esibita dall’ottima Nomadism Records. AM |