Con “Res Parallela”, il chitarrista e bassista torinese
Fabio La Manna giunge alla terza realizzazione. Nel 2005 lo troviamo
nei My Craving con il disco “No Mercy For Broken Hearts”
e nel 2001 con gli Alchemy Room in “Origin Of Fears/A Matter
Of Time”.
La manna è laureato in Dams Musica con tesi sulla musica nel
cinema muto ed è insegnante di chitarra. La sua esperienza
lo porta a ricercare un suono ermetico, alquanto semplice e profondo.
In “Res Parallela” ci sono brani strumentali che godono
di un velo di mistero, dettato dalla spiritualità e dall’esoterismo
che l’autore tenta di raccontare.
Con l’iniziale “Call Of The Snake” si mette in luce
questo interesse per un suono greve, Metal e dalle ottime qualità
tecniche che non sfociano mai in inutili scorribande di pentagramma,
ma bensì badano al sodo, fra stop & go.
Dunque è la chitarra in prima linea, mentre la batteria viene
suonata da Andy Monge, membro degli Alchemy Room. Le tastiere giungono
in supporto a “High Road”, un pezzo decisamente più
Progressive, aperto dall’epicità dei suoni. Le melodie
per se stesse sono di facile memorizzazione, scorrevoli e mai noiose.
Per un La Manna più intimista bisogna giungere all’inizio
di “Skywatch”, un frangente di Blues senza risultare logorroico,
si mescola con un suono elettrico in crescendo supportato da tastiere.
In questa musica si scorgono spesso e volentieri sprazzi di Riverside
ed Anathema tanto per fare due nomi sul genere, ma si denota anche
l’amore del chitarrista nei confronti di Petrucci (Dream Theater),
pur non imitandolo in fragorosi assolo.
Ed è con il brano omonimo “Res Parallela” che molto
di questo si può ascoltare, un sunto dello stile La Manna e
di quanto spiegato sino ad ora. Ottima la sezione ritmica.
Metal Prog massiccio con “Against The Rabbits”, con qualche
sentore (inconscio?) di Nu Metal anni ’90, il tambureggiare
con la chitarra distorta riscuote successo proprio in quell’ambito.
“Morning Flavour” è uno dei momenti più
solari e pacati, seppur breve, tutto supportato da un arpeggio di
base, ma presto si rientra nei binari dell’esoteria con “Festum
Diaboli” e “Convivium”. Qualcosa di Antonius Rex
e Paul Chain aleggia nell’aria.
La chiusura è lasciata alla dolce “Invocation Of Mir”,
breve sigillo di questo album che fra alti e bassi si lascia godere
a pieno. I bassi risiedono a mio avviso in certe soluzioni alla Dream
Theater forse un po’ troppo inflazionate, ma questo è
inevitabilmente radicato nel genere Metal Prog, per cui non se ne
può fare una vera e propria colpa. Un album completamente strumentale
che porta ad un viaggio mentale, questo ha anche il pregio di farci
pensare, malgrado non ci siano parole. Non mi sembra un particolare
da niente. Godibile. MS
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