Questa band inglese è giunta al secondo album in due anni,
il loro sound è un interessante mix di generi diversi come
il doom, l’hard rock, la psichedelia e il prog, con qualche
tocco di jazz. Su tutto spicca la voce del singer Jake Harding che
ricorda molto quella di Jim Morrison e caratterizza fortemente il
tutto. Il resto del gruppo è composto dal chitarrista George
Pan, dal tastierista Kostas Panagiotou, dal bassista Federic Caure
e dal batterista Paul Westwood.
Il disco si apre con la lunga “Leave it All Behind”, l’impianto
darkeggiante fa pensare ad un mix tra Black Sabbath e Uriah Heep,
per l’uso dell’hammond, la voce morrisoniana e ancora
l’hammond come anticipato richiamano i Doors, aggiungete al
tutto delle partiture complesse ed articolate ed ecco emergere la
vena prog, il risultato è potentemente evocativo. “South
of No North” è lenta, psichedelica, solenne, gli amanti
del sound a cavallo tra i ’60 e i ’70 resteranno sopraffatti
da tante buone vibrazioni. Più hard rock “Through the
Ash”, ma i suoni saturi della chitarra e il vortice a spirale
delle tastiere creano un effetto dark di rara efficacia, il finale
è tellurico. “Landskap Theme” è l’unico
strumentale, una breve cavalcata che non avrebbe sfigurato nel repertorio
di molte band storiche. L’avvio di “Tomorrow’s Ghost”
è jazzato e per questo anche più vicino a certo prog,
anche se una bella linea vocale ne fanno una canzone suggestiva e
senza tempo, fortemente romantica e disperata. Poi il brano prende
una piega vorticosa discendente, con delle cavalcate hard prog potenti
e feroci, finale da capogiro. La finale “Lazy Sundae”
è la più psichedelica del lotto, con lunghe parti improvvisate,
che sembrano un finale aperto verso nuove digressioni musicali.
Disco emotivamente potente, carico di sonorità nostalgiche,
ma anche denso di grande musica, che alla fine è l’unica
cosa che conta veramente. GB
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