Il chitarrista e cantante Sven ha iniziato la sua carriera da musicista
sul finire degli anni '90 registrando quattro albums coi progsters
Galleon e due coi buonissimi Xinema (che al tempo vi presentai su
Flash formato cartaceo), accasandosi nel 2000 coi melodic rockers
Street Talk per il loro secondo disco "Transition" e partecipando
a quattro loro albums, compilation inclusa. Nel 2010 Larsson trovò
il tempo per incidere e pubblicare il suo primo album solista "Sunlight
And Shadow" (Avenue Of Allies) che, come l'attuale "Bad
Mad Man", è lungi dall'essere una tipica valvola di sfogo
per chitarristi frustrati e mostrava un compositore dedito alla realizzazione
di canzoni strutturate come tali e non imperniate sullo sfoggio di
abilità alla sei-corde.
Da allora e sino ad oggi il musicisita svedese ha suonato in studio
per i Coastland Ride e per Lionville, Sapphire Eyes e Charming Grace
(di cui vi parlerò molto presto essendo prossima la loro uscita
discografica) ed ha allestito nuovi brani per il suo secondo album
solista accompagnato da Fredrik Bergh (tast), Björn Lodmark (bs),
Christian Johansson (bt) e Göran Edman (vc), suoi colleghi negli
Street Talk che già lo avevano aiutato nel precedente capitolo
come fece il cantante Thomas Eriksson nuovamente presente, mentre
Anders Åhlund debutta su due tracce, Ulf Pettersson e Göran
Fors dei Galleon fanno una loro comparsa.
Dati i trascorsi artistici di Sven e considerate le sue ampie vedute
musicali, era lecito aspettarsi una conferma della varietà
di stili affrontati e tale aspettativa non va delusa, supportata da
una qualità compositiva ed esecutiva di notevole spessore,
scomodando con successo paragoni importanti col sublime Eric Johnson
e con l'estroso Jeff Beck in diversi tratti del suo guitar-playing.
La partenza con "Dance The Night Away" è da cultori
dell'AOR/Westcoast con suoni languidi su un ritmo incalzante, fini
arrangiamenti ed un Larsson che si dimostra anche valido cantante;
"Sin City" verte verso l'hard rock europeo e Edman stende
la sua classe su di esso che contrasta moltissimo con le atmosfere
sognanti e semi-progressive di "How Could It Come To This",
per nuovamente sorprenderci con una title-track dura e secca con licks
alla Jeff Beck. Fra fusion e light-rock si collocano la dolce "Forever
You & Me" e la strumentale "Green Unit" (bel duello
chitarra/synth), fra e dopo le quali si alternano "Missing Link"
e "Look The Ghost In The Eyes" più incline ad afromi
progressive (anche se la seconda racchiude molti riferimenti jazz).
La romantica "The House Upon The Hill", il prog-AOR di "Castle
Of Mine" (cantata da Åhlund) e lo struggente strumentale
"Welcome To My Island" sigillano con grazia e talento un
disco perfettamente realizzato ed interpretato che, temo, resterà
gelosamente apprezzato solo da una eletta (e pavento ristretta) schiera
di intenditori i quali non si lasceranno sfuggire questo prezioso
scrigno. ABe
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