Il batterista e cantante Daniele Caputo ha fatto parte di alcune fra
le band più interessanti del panorama italiano, il suo primo
gruppo importante sono stati i Birdmen Of Alkatrazz, che insieme ai
Boohoos hanno espresso la migliore neo psichedelia in tricolore, in
seguito ha militato negli Standarte, una formazione immensa fautrice
di un dark sound in stile Atomic Rooster e che è ancora attiva.
Oggi lo ritroviamo a capitanare questo nuovo progetto all'insegna
di un genere musicale a metà strada fra le due formazioni precedenti
insieme al compagno Stefano Gabbani al basso (Standarte) a Gianni
Vergelli alle chitarre e Gianluca Gerlini alle tastiere. Gli undici
brani di questo secondo capitolo dei London Underground grondano di
passione per il rock inglese di transizione dal beat all'hard progressive.
Il primo brano "End of the Race" è una traccia dinamica
retta da un giro di hammond semplice ed efficace e un cantato molto
old fashioned. "Travelling Lady" è una prima cover
tratta dal repertorio di Manfred Mann, un brano molto prog, con delle
interessanti inserzioni di fiati. "Sermonette" è
una canzone lisergica con un bel solo di chitarra, mentre "The
Days of Man" è un mid tempo piuttosto malinconico ed evocativo.
"Analonihum" è molto d'epoca, ma meno attraente dei
brani precedenti, stesso discorso si può fare per il beat flavour
di "A Beautiful Child". Il brano omonimo è una lenta
ballata per pianoforte davvero molto intensa. Dopo un brano poco rappresentativo
arriva la cover molto esplicativa di "Can't Finf the Reason"
di Vincent Crane. A seguire troviamo l'hard rock seminale di "Everything
is Coming to an End", mentre la soffusa "Another Rude Awakening"
chiude un disco incantevole, volutamente retrò. GB
Altre recensioni: Four
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