Quando ho letto che era uscito un nuovo disco dei Lucifer’s
Friend mi è venuto un tuffo al cuore, sono una delle band più
rappresentative dell’hard rock tedesco, insieme a Birth Control
ed Epitaph e meriterebbero una bella retrospettiva, cosa che non posso
fare in questo contesto. Da notare almeno che il loro singer John
Lawton ha fatto parte anche degli Uriah Heep nella seconda metà
degli anni ’70. Il gruppo si era formato ad Amburgo nel ’69
e l’ultimo album in studio risale al 1981, Mean Machine, Sumo
Grip uscito nel ’94 era a nome Lucifer’s Friend II. Sono
passati quasi trentacinque anni dal loro precedente sigillo e quindi
il loro ritorno è stato una vera sorpresa, tenendo conto anche
che per tre quarti abbiamo i membri originali. Però la sorpresa
è mitigata dal fatto che il primo cd contiene vecchi brani
rimasterizzati e solo il secondo del materiale inedito composto nel
2014, ma sono solo quattro pezzi.
Il debut album del gruppo rimane uno dei dischi di hard rock più
belli del panorama krautrock, da questo vengono presi i primi quattro
pezzi proposti. La vicinanza ai Led Zeppelin di Immigrant Song è
palese in “Ride the Sky”, ma ci sono echi anche degli
Uriah Heep, proto metal anthemico e trascinante. Il riff complesso
di “In the Time of Job” mostra una maggiore originalità,
colpisce in particolare la musicalità del pezzo, nel ponte
ci sono anche sprazzi di psichedelia ai limiti del prog, la voce di
Lawton fa venire i brividi. “Keep Going” è quasi
sabbathiana, la progressione è sorprendente e i pezzi di hammond
sono da manuale, dei veri classici, se fossero stati inglesi molti
di più si ricorderebbero di loro. Altro brano molto bello è
“Toxic Shadow”, il riff è irresistibile e nella
parte strumentale diventa un intreccio di prog e hard rock di grande
respiro. “Burning Ships” è l’unico brano
preso da Where the Groupies Killed the Blues, una ballata forse poco
rappresentativa del disco, ma molto bella, con un finale ancora zeppeliniano.
“Fugitive” e “Moonshine Rider” sono prese
da Mind Exploding del ’76, si sente che i suoni sono cambiati
ed è entrata l’influenza del r‘n’b e del
funky, belle le strutture, anche se molto lontane dalle sfuriate metalliche
dell’inizio, certo che ci sono grandi partiture, anche se si
respira tutto il cambiamento in atto in quegli anni. Con “Dirty
Old Town” si fa un passo indietro nel tempo e si torna al ’74,
la ballata proposta è più rock, ma già qualcosa
si stava muovendo verso nuove direzioni. L’album Mean Machine
ha segnato un chiaro ritorno alle sonorità dirette dell’inizio
carriera e così ecco la dura “Fire and Rain”, ancora
retta da un bel riffing di chitarra. Ed infine dallo stesso album
“Hey Driver”, magari non un brano epocale e vagamente
americaneggiante, ma con diverse idee interessanti.
Il primo nuovo brano è “Pray”, le sonorità
sono ricche e complesse, quasi dei novelli Uriah Heep, con un occhio
anche alla tradizione del gruppo, che viene riletta in chiave moderna.
La voce di Lawton è sempre calda e bella, ma le chitarre si
sentono poco a favore delle tastiere e di effetti che rendono attuale
il sound. “Riding High” è un brano epico, molto
complesso e nervoso, il carattere della band emerge con forza drammatica
e i Lucifer’s Friend ci consegnano un gran pezzo. Convince anche
“Did You Ever” anche se meno impegnata delle precedenti.
Chiude “This Road”, che ha diversi inserti, tra hard melodico
e classic rock, con una linea melodica riuscita, caratteristica da
sempre di questa band.
Dopo tanti anni è bello riascoltare i classici rimasterizzati,
però avrei anche gradito qualche brano nuovo in più,
speriamo sia l’antipasto per nuove scorribande, intanto godetevi
questo pezzo di storia del rock! GB
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