Il
metal a base di folk nordico ha trovato dei nuovi epigoni in questa
agguerrita formazione a sette. Ma non è tutto così prevedibile
come si potrebbe da questa mia introduzione. La musica partorita da
questi musicisti parte da un substrato epico di grande effetto, con
le chitarre che sparano riffoni metal circondate da strumenti tradizionali,
come le cornamuse e i violini, c’ è il cantato femminile
che si alterna a quello maschile (non black) e c’è anche
tanta nostalgia.
I brani sono piuttosto vari e talvolta poco omogenei, ma questo è
il pregio di un disco che offre più chiavi di lettura per soddisfare
palati diversi. Si parte con “Nokken” un brano cadenzato
dove l’heavy metal si fonde subito con il folk, il cantato angelico
ci porta in una dimensione molto naturalista ed epica, ma non è
una traccia che colpisce l’ascoltatore. “Dunker”
apre con un cantato molto evocativo e triste, poi piano entra la musica
e il brano cresce in intensità metallica, molto folk. Brusca
sterzata teatrale con “Asgardsreia” con il cantato maschile
baritonale, le atmosfere folk sono più velate e il metal si
fa più presente, un buon esempio di metal di ispirazione nordica.
“Trolltind” è una ballata ancora diversa, troviamo
strumenti a fiato che creano suggestioni notturne decisamente distanti
dal repertorio precedente, eppure il tutto funizona. “Allvis”
è un’altra ballata, ma l’atmosfera è molto
diversa, poco folk e quasi jazzata, molto più vicina al prog.
Con la successiva “Perpalsa” si torna bruscamente al folk
metal epico di inizio album, ma la forza bruta del brano si spezza
subito con l’inizio romantico di “Blaester”, ma
poi il pezzo prende quota grazie ad una partitura efficace. In chiusura
un’ultima ballata molto lenta e solenne, non mi sembra un commiato
molto efficace, ma con delicatezza mette il suo sigillo su un disco
vario e piacevole.
Non è un capolavoro, ma se vi piacciono le saghe nordiche questo
disco fa per voi. GB
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