Rock Impressions

Mahogany Frog - Do5 MAHOGANY FROG - Do5
Moonjune
Distribuzione italiana: IRD
Genere: Jazz Prog
Support: CD - 2008


Ricerca sembra essere la parola d’ordine di questi canadesi, sono uno dei gruppi più all’avanguardia nel settore Prog. Nei loro dischi possiamo cogliere innumerevoli influenze, dal Jazz alla Scuola Di Canterbury, poi elettronica, psichedelia ed Ambient! Per cui detto questo, chi non ama certe combinazioni gia è alla conclusione della recensione. Agli altri non posso fare altro che i complimenti per la mentalità aperta e proseguire nei dettagli.

Tanto per cominciare, questa band mi ha ricordato molto i Djam Karet e comunque le tastiere sono sempre molto presenti. Apre la sperimentale “G.M.F.T.P.O.”, apparentemente rude e disarticolata, una breve introduzione per arrivare al vero primo brano del disco, “T-Tigers & Toasters”. Questo è un pezzo all’inizio dal sapore Ambient, con rumori, tastiere sognanti ed ottimi arrangiamenti di fondo. C’è anche della Psichedelia , quella degli anni ’70 a guarnire il tutto. E’ uno dei frangenti più alti e più lunghi dell’intero “DO5”, un crescendo sonoro ed elettrico che non potrà che stupirvi. A seguire, unite come in un concept, ecco “Last Stand At Fisher Farm”, quasi alla Tangerne Dream, con tastiere ed elettronica in prima linea. Molto ritmata , al limite dell’Heavy, è “You’re Meshugah!”, immaginatevi gli EL&P arrabbiati. A sorpresa nel finale sopraggiunge uno spensierato e scherzoso refrain. Unito a questo c’è “I Am Not Your Sugar”, più o meno sulle coordinate del predecessore, solo più Heavy. Effetti psichedelici aprono “ Demon Jogging Spoon”, un brano ricercato nelle ritmiche e nella struttura a tratti fruibile ed a tratti ostica. Con “Medicine Missile” perscrutiamo i Mahogany Frog più sperimentali, dalle assonanze Space Rock, un altro lato della loro medaglia, che a guardarla bene più che una medaglia sembra un cubo, date le numerose facce! A seguire c’è un altro piccolo gioiello del Prog, “Lady Xoc & Shield Jaguar”, un brano lungo più di otto minuti di ottima musica e buone melodie, ricche neppure a dirlo di cambi di tempo. Chiude “Loveset”, altro esempio di sperimentazione sonora ponderata e mai fine a se stessa.

I canadesi ci hanno sfornato un disco variegato e mai scontato, un lato del Progressive sempre poco seguito , ma nel quale risiede il vero seme del genere.
La sperimentazione è tutto per il Progressive, grazie a questi dischi, il genere non morirà mai. Poi arriverà il furbetto di turno, prenderà queste sonorità e le renderà più commerciali e comunque sia ben venga, il mondo va avanti così. MS

Altre recensioni: In the Electric Universe


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