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Il Malpertugio sono una band casertana che vanta già dieci
anni di attività, ma solo oggi è arrivata al fatidico
debutto, che non a caso è autoprodotto. Il tempo è stato
speso da gruppo per crescere ed arrivare ad un sound corposo e pieno
di sostanza, questo, nonostante l’indifferenza quasi generale
che ha accompagnato la band in questi anni, ha comunque permesso alcune
collaborazioni per la realizzazione di video e la partecipazioni a
diversi festival, che hanno portato il gruppo a consolidare il proprio
status di cult band.
Il genere da cui partono è lo stoner, ma devo dire che ho notato
diverse tracce anche di metal moderno, il primo brano “Bugs”
è dominato da un riff quasi southern, ma il cantato ricorda
molto quello di gruppi come i RATM e RHCP, la forza dello stoner viene
quindi associata ad un rock funkeggiante dal forte sapore di protesta,
il mix è esplosivo, non sembra quasi nemmeno di ascoltare una
band italiana. Anche “Shotgun” ha questo andamento sincopato,
che svela un mix dei due generi accennati, è meno coinvolgente
del brano precedente, ma dimostra ancora il carattere deciso di questi
musicisti. “Emnity” è invece stoner puro, molto
desertica, ma anche abbastanza personale. “Obsession”
ha un bel giro armonico, che la rende interessante, anche questa volta
il gruppo gioca a miscelare varie influenze risultando moderno e personale,
bel brano. A proposito del combat rock o rock di protesta, in “One
Hour of Weakness” mi è sembrato di vedere i fantasmi
dei Clash, poi si arriva anche a stacchi che ricordano i Faith No
More e derivazioni sperimentali, c’è anche della psichedelica,
insomma è un brano ricco di sostanza, uno dei più complessi
dell’album e quindi anche uno dei più interessanti. “In
This Bloody Night” il gruppo si rilassa un po’ e costruisce
un brano bello da ascoltare, ma non così coraggioso come i
precedenti. “Deranged” è quasi zeppeliniana, con
un andamento cadenzato che mette voglia di muoversi, anche se poi
torna un mix di stacchi funkeggianti. “Sunset Screaming”
è sicuramente il brano più forte del disco, condensa
tutte le idee della band in un mix dal forte impatto, una song molto
cattiva, perfetta colonna sonora di questi giorni. Si chiude con “Let
the Shit In”, che ancora propone intrecci complessi, al limite
della psichedelica, ma sempre molto metal, il gruppo ha stoffa.
In questo disco si ha sempre voglia di partecipare, perché
è sempre musica molto coinvolgente e comunicativa, però
pensare che una band con le potenzialità di questi ragazzi
è relegata all’autoproduzione è un delitto, spero
che presto qualcuno si accorga di loro. GB
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