Un
gruppo che nel 2007 suona Heavy Metal, è Finlandese, che fa
le veci di Iron Maiden, Queensryche e certi Saxon, non vedo il nesso
per cui si debbano chiamare Manitou! A parte questo personale cruccio
che spero di togliermi di persona, magari con una intervista, vado
ad accingermi nell’ analisi del disco. La band del bravo cantante
Markku Pihlaja, con questo terzo lavoro, si distanzia ancora di più
dall’Heavy Prog che li ha contraddistinti nell’esordio
“The Bad Moon Rising”.
I territori in cui vanno a parare, sono quelli che negli anni che
furono, fecero grande il genere. L’amore per le band sopraccitate
è evidente, specialmente nel cantato, molto vicino a quello
dei Queensryche di “The Warning”e a volte a Bruce Dickinson.
Cose in chiaro sin da subito con la doppietta “In This Indolence”
e “Dread Of The Freaks”, due pezzi da novanta che fanno
ben sperare nel proseguo. I refrain sono sostenuti, massicci, coadiuvati
da una produzione degna di nota. Il mid-tempo della title track “No
Signs Of Wisdom” è gradevole, anche se sa troppo di “sentito”.
Ancora tempo sostenuto con la buona “The End Whitin”,
mentre la successiva “Habinger” è la perla del
disco. Essa alterna melodia a potenza, i Manitou sembrano sapersi
destreggiare con semplicità ed indifferenza. Buona la coppia
di asce Antti Laurèn e Markus Vanhala. Da questo punto in poi
l’ascolto tende a discendere, si cammina mestamente sui binari
della logicità, senza particolari degni di nota, salvo rialzare
l’attenzione nella conclusiva “Agust Sky”.
Cosa volete, l’Heavy Metal è questo, molte band hanno
fatto album come “No Signs Of Wisdom”, la differenza nelle
vendite la fa esclusivamente la promozione e la distribuzione. I Manitou
sono ottimi musicisti che sanno la propria materia, non copiano più
di tanto, ma non si sforzano neppure nel cercare differenti soluzioni.
Che dire, promossi, ma nulla più. MS |