La musica è l’espressione dello stato umano, essa è
la tonalità della vita, per cui si manifesta sotto forma di
differenti sonorità, a seconda dello stato d’animo. Il
Rock in particolare modo è un viatico quantomeno variegato,
a mio modo di pensare è l’unico genere ad avere così
tante sfumature e pronto continuamente all’evoluzione. Il lato
più introspettivo e se vogliamo anche misterioso della musica
è quello Psichedelico, in esso si vanno a rovistare stati d’animo
alquanto profondi. Questo tipo di ricerca sonora non è certamente
il mezzo più efficace per vendere dischi, in quanto in una
società come quella di oggi, dove apparire è più
importante di essere, la sperimentazione viene vista in malomodo.
La gente non vuole essere destabilizzata, esige una globalizzazione
mentale , pensare sembra spaventare. Ma se nella Psichedelia ti chiami
Pink Floyd allora il discorso cambia. Ma quelli erano altri tempi
ed altra mentalità. Oggi anche in Italia ci sono differenti
band che si avvicinano a questa tendenza, anche se anni luce distante
da quella di Gilmour e soci, una ve la voglio far conoscere e si chiama
Mano-Vega.
Provengono dal Lazio e mettono le proprie radici nel 1998, anche se
in realtà la formazione ufficiale inizia a suonare nel 2000.
Realizzano numerosissime date live e queste formano una buona spina
dorsale, un carattere ben definito ed un insieme di influenze sonore
che li rendono molto personali. Non solo Psichedelia, bensì
fugaci apparizioni nel Progressive Rock, interventi elettronici e
anche del Dark Rock. La formazione è composta da Valerio D’Anna
alla voce e tastiere, Giovanni Ma cioce alla chitarra, Lorenzo Mantova
al basso e da Andrea Scala alla batteria. Innanzi tutto tengo a dare
il benvenuto a questa nuova etichetta dal nome Domus Vega e fare i
complimenti per la presentazione grafica , davvero di buon gusto ed
esaustiva. Il libretto all’interno descrive i testi ed il cartonato
apribile in due lati, mostra una rappresentazione degna della psichedelia
più introversa. I Mano-Vega con questo “Nel Mezzo”
sono all’esordio discografico e per realizzarlo hanno impiegato
ben sei anni. Quello che balza all’orecchio è l’ottima
produzione sonora, cardine fondamentale per un tipo di musica del
genere. I testi trattano del sociale, una forma di contestazione “celebrale”,
basata su spunti a tratti tastieristici stile Porcupine Tree, alternati
ad elettronica. Voci filtrate, sussurrate, sono viatici per la concentrazione
dell’ascoltatore. “Ondanomala” concentra tutto ciò,
ma quello che mi fa più piacere è il riassaporare la
voglia di ricerca, quella che si manifesta spesso negli anni ’70.
I Mano-Vega sono in parole povere, lo spirito degli Area, se avessero
cominciato la propria carriera negli anni 2010. Non sperimentazione
vocale, tantomeno del Jazz, ma radicata ricerca della condizione mentale.
Per chi segue il Metal invece accosto la band ai Tool, perfetto paragone
per tendenza. C’è odore di Hawkwind in “Sfere”,
per me un capolavoro sul genere. Una bordata di adrenalina e di destabilizzazione
vi colpirà in pieno stomaco. Ma non posso aggiungere altro
a quanto detto. Si sa, chi non segue questa musica troverà
questa mia recensione una farneticazione, gli altri, sono certo che
hanno gia annotato il nome di questa band nel proprio taccuino delle
spese. Un disco da ascoltare e non da sentire, magari più volte,
per coglierne a pieno l’essenza. L’approccio mentale o
lo si ha o non lo si ha, non si inventa. Grandi! MS |