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Methel & Lord si formano nel 2000 e raggiungono subito ottimi
risultati a livello di critica. Vengono immediatamente premiati come
miglior band emergente nel 2001 al Festival Enzimi. E poi nel 2004
si aggiudicano il premio Fuori Dal Mucchio e la targa P.I.M.I. Miglior
Band Italiana. Questi sono solo alcuni riconoscimenti che menziono
per mettere meglio a fuoco le potenzialità di questa band .
Il primo album si intitola “Pai Nai” ed è del 2003,
un lavoro che gode di una fortissima personalità. Con esso
creano nuove coordinate nel panorama “Indie” italiano.
L’idea di formare la band viene al neolaureato in psicologia
Gianmarco Carlucci (in arte Lord), il quale si avvale dell’aiuto
dell’amico Sergio Erasmo Ferrari (Methel). I nomi che si aggirano
attorno al progetto si susseguono numerosi nel tempo, dai due batteristi
Max De Bernardini e Nino De Natale ad Alessandro Antonaroli, Andrea
Mieli, Patrick Flabiano e Francesco Cerroni.
Il nome coniatosi è davvero curioso ed è scaturito dall’unione
di “Methel”, una pianta cresciuta nel giardino incolto
di Sergio Ferrari e “Lord”, come dicevo prima è
il soprannome di Giacomo Carlucci, a lui affibbiato dopo l’interessamento
dimostrato per l’elettronica. La musica che si ascolta in questo
“Steps Of A Long Run” non è altro che la naturale
evoluzione di “Pai Nai”. Gli artisti oggi sono più
forti, grazie anche all’esperienze avute in campo del teatro
sperimentale e le date dal vivo.
Certo è che “Escape From Significance”, il brano
apripista del disco, non è certo di facile collocazione. L’elettronica,
il Jazz e la ritmica ossessiva lo rendono alquanto sperimentale. Spiritoso
ed eclettico il successivo “Pizza Mafia & Mandolino”
dove il sax la fa da padrona. Stile moderno contrapposto al classico
nella sperimentale ed ironica “Gnd & Gna”. Il cantato
è soprattutto in inglese, la band si diverte ad esprimersi
in un stile maccheronico simpatico e diretto. “ Maybe”
si accosta in un certo qual modo al territorio psichedelico ed etereo
dei Porcupine Tree, grazie anche all’uso delle chitarre e delle
voci campionate. Con “Dear Tony” la band fonde il proprio
sound con quello di un grande sassofonista, Tony Formichella. Tony
riesce a soggiogare le trame elettriche di sottofondo amalgamandole
perfettamente con la melodia soffice del proprio stile.
Diapositive sonore che si stampano nella mente dell’ascoltatore
le ritroviamo in “Hippocondriac” e rappresentano immagini
astratte dai colori forti e caldi. La musica proposta da questi bravi
artisti non è dunque di facile ubicazione, in realtà
la ricerca sonora è il life motive del disco, anche in frangenti
più pacati ed acustici come nella bellissima e sussurrata “Washed
Untrue” dal ritornello Beatlessiano. “Grandfather”
conclude l’ascolto in maniera superlativa, con un solo di chitarra
da pelle d’oca.
“Steps Of A Long Run” è un cd da gustare come un
bicchiere di Whisky, con calma e meditazione. L’avanguardia
italiana ha un futuro sicuramente roseo se continuano ad uscire realizzazioni
di questo livello. MS |