Second album per i prog metallers Methodica, una band che si sta facendo
notare grazie ad una buona serie di live a supporto di gruppi come
Anathema, Pendragon, Marillion, Uriah Heep, Skunk Anansie e Moongarden.
La formazione a cinque è piuttosto classica, alla voce c’è
Massimo Piubelli, che ha una buona timbrica, mentre la chitarra è
nelle mani di Marco Ciscato e le tastiere in quelle di Marco Baschera.
La sezione ritmica è composta da Paolo Iemmi al basso e Marco
Piccoli alla batteria, tutti tecnicamente preparati e affrontano questo
genere, fatto di stacchi e continui cambi di ritmo, con la dovuta
bravura. Questo di per se non fa notizia, il fatto è che la
band sta proponendo musica convincente. I soliti complimenti? La band
si permette di proporre la cover di “Firth of Fifth” dei
Genesis.
L’intro è cinematografico e solenne, di stampo neo classico
e lascia il posto a “The Angel Lies Dying” che apre con
suoni elettronici dal sapore post moderno, l’influenza di gruppi
come i Porcupine Tree e Tool si sente, anche se non è imitazione.
Il gruppo ha una fisionomia propria con belle linee melodiche e una
solida costruzione armonica. Il brano è fortemente epico, con
una parte finale da pelle d’oca, la forza visionaria impressa
è notevole. “J” è una prova di forza, il
gruppo mostra i muscoli con un brano nervoso e pieno di cambi di tempo,
ma non è una palestra fatta di tecnicismi, c’è
su tutto un senso drammatico che funziona. “Only Blue”
è una ballata romantica non convenzionale, ancora una volta
colpisce l’intensità infusa nella musica. L’urgenza
del sound dei Methodica torna prepotente nella complessa e epica suite
“Caged”, che per il numero di cambi e di atmosfere contiene
materiale per più pezzi. Vera piece de resistance, che la band
affronta in modo egregio. Ancora molto teatrale è “The
Lord of Empty Spaces”, con una più che buona prestazione
volcale di Massimo, anche se forse la pronuncia inglese non è
sempre al meglio, però è un gran bel pezzo. “Destruction
of Idols” è molto dura e metallica, si avvicina a Tool
e POS, un’altra occasione per il gruppo di dimostrare le proprie
doti compositive, scommessa vinta. L’ultimo brano riprende l’intro
e lo espande in formato canzone, il gruppo conferma tutto quanto detto
anche se non ci sono grosse novità. La cover dei Genesis è
posta alla fine come bonus track. La rilettura è personalizzata,
ma non stravolta e mi piace il desiderio di mettere mano ad un classico
aggiungendo qualcosa di personale.
Gran bel disco questo, che corre il rischio di essere poco apprezzato
per il provincialismo di molto pubblico e del sospetto che in genere
si ha nei confronti dei giovani artisti. Diamo fiducia al prog nazionale!
GB
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