Rock Impressions

Mindflower - Little Enchanted Void MINDFLOWER - Little Enchanted Void
Musea
Distribuzione italiana: Frontiers
Genere: Prog
Support: CD - 2009

I Mindflower hanno una lunga storia, sono nati nella prima metà degli anni ’90 ed hanno dato alle stampe tre album fra il ’95 e il 2001, poi sono seguiti ben otto anni di silenzio, oggi si ripresentano quindi con questo nuovo lavoro che appare subito molto ricercato. In primis colpiscono gli studi di registrazione impiegati, Real World Studios e Abbey Road Studios, poi il numero dei brani, ben ventisei per un concept lungo ottanta minuti, particolare anche l’artwork, che a dire la verità non ho affatto gradito, i testi sono decisamente poco leggibili e la grafica è molto spartana e minimalista, che secondo il mio parere non si adatta al meglio con la complessità della musica proposta. Le influenze della band spaziano dalla classica ai Genesis, passando per le Orme e arrivano fino ai giorni nostri con Porcupine Tree e i nuovi Marillion.

Il concept di fondo si basa sulle fiabe nordiche, condite di elfi e folletti e propone un viaggio all’interno dei regni fatati. Ma il vero punto di forza del disco è la musica ottimamente prodotta. Dato il numero delle composizioni, ci sono brani mediamente corti, talvolta frammenti, che si alternano parti di musica neoclassica, a soluzioni melliflue e a vere e proprie incursioni rock. La varietà di soluzioni è tanta, anche se sento come predominante quella neoclassica, non a caso il gruppo si avvale anche del contributo di guest ad hoc, come il quartetto d’archi. Un’altra cosa che mi ha colpito poco positivamente sono le differenze di volumi, le parti più delicate sono registrate a volumi molto bassi, mentre quelle rock esplodono letteralmente, questa scelta probabilmente è voluta, ma l’effetto non mi sembra apprezzabile. Nonostante questo la complessità del disco invita a ripetuti ascolti, si colgono continuamente nuove sfumature, si esplorano sempre nuove profondità. Ma nel complesso ho anche provato dei momenti di stanca, come durante l’ascolto del nono brano, una piece minimalista a volume molto basso, poi entra la batteria verso il quarto minuto ad un volume decisamente alto e in poche battute chiude il brano. Piuttosto mi sono piaciute tutte le parti più vivaci e rock.

In complesso è un disco sopra le righe, ma ho avuto l’impressione che ci sia stato molto autocompiacimento, una ricerca esasperata della complessità che troverà dei sostenitori entusiasti e altri che, come me, faranno fatica ad amare il disco pur riconoscendone l’importanza, forse è un disco troppo difficile per me. GB

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