Marco Minnemann è uno dei giovani batteristi più apprezzati,
grazie al suo stile fresco ed energico, in vent’anni di carriera
troviamo già il suo contributo in una miriade di dischi, impossibile
citare tutte le sue collaborazioni, si va da Joe Satriani a Steven
Wilson (ha abbandonato durante l’ultimo tour l’astro inglese
per finire questo album), dai Kreator al recente progetto condiviso
con Tony Levin e Jordan Rudess (il nostro disco dell’anno 2013)
e ancora lo troviamo al fianco di astri nascenti della sei corde come
Jason Sadites, oppure veterani come Paul Gilbert, fino ad arrivare
alla nostra rocker Gianna Nannini. Ha servito Nena per il premiato
“Feat. Nena”, ha fatto parte dei Freaky Fukin’ Weirdoz
e ha fondato gli Illegal Aliens, gli Aristocrats e i Normalizer 2
con Trey Gunn e Mike Kennelly, ha fatto un tour con Bozzio e Wackerman,
ha fatto parte della death metal band Necrophagist, ma non pago allo
stesso tempo ha realizzato una serie di oltre dodici album solisti,
e molto altro ancora, spaziando in generi molto diversi tra loro restando
sempre al top.
Ma Marco non è solo un drummer, è anche un chitarrista
e tastierista, infatti la copertina di questo suo ultimo sforzo lo
vede proprio al fianco di una sei corde, ma in questo EEPS fa quasi
tutto da solo con unica eccezione dell’ultima bonus track dove
troviamo il contributo a basso, chitarra e tastiere del patron della
Lazy Bones Scott Schorr. Ci sono ben diciotto brani nel cd e quindi
non è possibile fare un track by track, ma sarebbe anche inutile,
perché si tratta di un disco molto sperimentale, un mix di
prog, fusion, avantgarde, non mancano sonorità pop e sferzate
metalliche, c’è tanto virtuosismo e anche tanta ricerca,
in altre parole Marco ce l’ha messa tutta per fare un disco
come si deve.
Si parte con la strumentale e provocatoria “Cheap as F**k and
Awesome as Hell” dove Minnemann si mette in cattedra alla batteria
e con la chitarra sperimenta suoni post moderni, tecnica da panico
e inventiva. “OC DC” è zappiana, una melodia facile
decostruita con ritmi pazzeschi e suoni futuristi e cantato filtrato.
Marco si diverte a cercare di stupire l’ascoltatore e così
con la title track ci offre suoni synth innestati su tempi pazzeschi.
Ogni brano ha una linea melodica riconoscibile, ma tutto viene stravolto
e ingarbugliato in modo visionario e un po’ folle. La fruibilità
del disco dipende proprio dalla capacità di Marco di costruire
melodie piacevoli, prendete ad esempio la bella “Sunshine”,
il fatto poi che le stravolge e le complica con virtuosismi mozzafiato
rendono tutto ancora più intrigante e coinvolgente. Queste
componenti attraversano tutto l’album, che è per lo più
strumentale, ma i pezzi cantati alleggeriscono il tutto.
A qualcuno questo disco potrebbe anche sembrare un po’ auto
celebrativo, ma di sicuro Minnemann ha tanto talento e lo mostra senza
falsi pudori, se volete passare un po’ del vostro tempo in compagnia
delle visioni di un batterista davvero sopra le righe, allora non
lasciatevi scappare questo disco. GB
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