Matteo
Filippini è un chitarrista dal grande cuore, che ha portato
nel nostro paese alcuni artisti storici in tour e che adesso ha dato
alle stampe il primo album del suo Moonstone Project. In questo lavoro,
che ha avuto una lunga gestazione, è stato affiancato da una
serie impressionante di artisti sia internazionali che nazionali di
grande spessore, tanto che è impossibile citarli tutti, ma
sarebbe ingiusto anche tralasciarne qualcuno, comunque voglio almeno
ricordare Glenn Hughes, Eric Bloom, Steve Walsh, Graham Bonnet, James
Christian, Chris Catena, Kelly Keeling, Tony Franklin, Ian Paice,
Carmine Appice, Gianluca Tagliavini e tanti altri ancora, collaborazioni
che si ottengono solo con una salda credibilità artistica.
Solo non vorrei che il valore di questo cd venisse offuscato dai tanti
nomi illustri.
Il cd apre con il brano “Slave of Time”, a metà
strada fra i maestri Led Zeppelin e i figli Badlands, che trasuda
di sano e vitale blues, un classico impreziosito da Keeling. “Not
Dead Yet” ci riporta ai fasti della NWOBHM con Bonnet (MSG)
in gran spolvero, ottimo riff di chitarra. “Fire & Water”
è una cover degli indimenticabili Free, eseguita con grande
perizia. “Rose in Hell” è il primo dei due brani
con Mr Hughes e Paice finalmente insieme da tempi remoti, un funky
hard che si adatta a meraviglia alla leggendaria ugola soul di The
Voice of Rock. “Beggar of Love” si pone ancora in territori
hard rock funky, Tagliavini fa un gran lavoro di tastiere, ma stavolta
è l’ugola roca di James Christian a farla da padrona,
mentre Matt esprime un chitarrismo libero e vagamente selvaggio. La
seconda prova di Hughes si colloca in una ballata molto intensa e
bella. “City of Lites” torna in ambienti metal con Walsh
che a tratti ricorda il vecchio Ozzy, alcuni passaggi sono davvero
molto riusciti. Un altro pezzo di classico hard rock con Shortino
alla voce precede la conclusiva “On the Way to Moonstone”
cantata a due voci da Eric Bloom e Chris Catena, un mid tempo granitico
con delle bellissime armonie che esaltano le prestazioni vocali dei
nostri. Il riffing di Filippini è dosato con grande gusto e
crea quel giusto senso di mistero e di dramma che il brano richiede.
Quante cose vorrei ancora dire, ma in sostanza finirei solo col ripetermi,
Matteo ha prodotto un ottimo disco di hard rock, un album vario e
ricco di suggestioni, con grandi amici e il suo chitarrismo contagioso,
un disco di cui andare fieri. GB |