Rock Impressions

Moorder - II MOORDER - II
Lizard Records / Eclectic Polpo Records
Distribuzione italiana: si
Genere: RIO / Post Rock
Support: CD - 2014


I bolognesi Moorder sono il progetto del chitarrista Alessandro Lamborghini. Con lui, in questa seconda fatica suonano Simone Pederzoli (trombone), Alberto Danielli (tuba), Daniel Csaba Dencs (batteria) e Luca Cotti (basso). Tornano dopo l’esordio del 2008 dal titolo “Moorder”, sempre per Lizard Records.

Qui chiariamo subito senza troppi giri di parole che la proposta è variegata e per palati fini, musica mai scontata, ricercata, ben eseguita ed arrangiata come poche volte si riesce a sentire in questo tipo di musica. Si ascolta di tutto, dal Jazz al Post Rock, fino a giungere al Prog schizzato di Fripp ed i suoi King Crimson, questo in generale è il territorio in cui si muovono.

Il disco è composto da dodici tracce suddivise in 37 minuti, questo lascia già intendere la brevità dei brani proposti. E si, perché i bolognesi non si perdono in inutili orpelli, badano al sodo…Alla sostanza.

Il libretto di accompagnamento al cd è ricco di tavole a fumetti che raccontano una storia, quella di una ragazza che fra difficoltà di genere sociale, si innamora con il classico colpo di fulmine di un giovane ragazzo al quale porta il disco in vinile “Moorder II”. Lui a sua volta gli dona un chupa choops rappresentante la pace, la libertà e appunto l’amore. Le tavole sono ad opera di Simone Cortesi.

“Jesus Zombies Crew” fa intendere immediatamente di che pasta sono fatti i Moorder, pezzo vigoroso ed elettrico, con il trombone che si diverte a giocare fra i riff ruffiani. Come restare impassibili avanti ad un brano come “Flact Kick”, ma soprattutto, come non accostarlo a Jaco Pastorius? E poi avanti con il Funky di “Disco In Ferro”, i ragazzi hanno anche buon senso dell’umorismo. “Pipum” si diverte inizialmente a far ballare, basata su percussioni e ritmiche con il basso, un pezzo che si articola nel suo incedere, ma che lascia anche spiazzati miscelando allegria e tristezza allo stesso tempo. “Moztri” all’inizio è soft ed avvolgente, successivamente la chitarra parte in un micidiale assolo. Sempre e comunque nello stradello crimsoniano.

“Afro Bones” in alcuni istanti è musica per Big Band, ma quando riparte la chitarra elettrica, ci si aggira in territori cari a geni come Frank Zappa, e scusate se è poco.
Non mi piace comunque svelarvi tutto il percorso, in quanto di sorprese ce ne sono all’interno e non mi sembra giusto privarvene la scoperta, in fondo avete già capito di che disco si tratta.

Gli artisti giocano con il pentagramma, rilasciando in conclusione un lavoro divertente e per molti momenti davvero gioioso. Mettono in mostra non solo tecnica esecutiva, ma anche cultura personale riguardo la musica ascoltata.
Davvero godibili, dategli una opportunità. MS




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