Rock Impressions

Raoul Moretti - Harpness RAOUL MORETTI - Harpless
Selfproduced
Genere: Folk / Sperimentale
Support: CD
- 2016


Può un arpa a pedali avere una tendenza Rock? Se vi siete già incuriositi avete fatto bene, perché in questa recensione andiamo a parlare del secondo lavoro dell’artista italo/svizzero Raoul Moretti.

Diplomato al Conservatorio di Musica “G.Verdi” di Como nel 1999, Moretti collabora con numerose orchestre fra le quali l’Orchestra a Fiati della Svizzera Italiana, l’Orchestra dell’Insubria, Orchestra Sinfonica di Lecco e l’Orchestra Stabile di Como. E’ ideatore anche di progetti musicali come Vibrarpa con M. Bianchi, (arpa e vibrafono), il progetto Blue Silk con M. Giudici (elettroharp e chitarra elettrica) ed Essential Duo con Tullia Barbera (voce pop e arpa elettroacustic). La voglia di sperimentare giunge sino al suo strumento, quindi come solista intraprende un percorso di ricerca sull’arpa elettrica e l’utilizzo dell’elettronica. Intraprende così un percorso avanguardistico toccando numerosi stili musicali quali l’avant-garde, il pop-rock, la world music, l’elettronica, la nu-dance, la classica e l’improvvisazione. Le date mondiali per i festival internazionali di arpa sono numerose, Francia, Belgio, Croazia, Cina, Paraguay, Cile, Messico, Venezuela, Brasile e Australia. E ancora molto altro. Tuttavia noi in questa sede andiamo a focalizzare questo progetto datato 2016 dal titolo “Harpness”, si presenta in una edizione cartonata ed è composto da diciassette brani con la collaborazione di personaggi come Michele Bertoni, Erica Scherl & Valerio Corzani, Diego Soddu, Walter Demuru, Gianluca Porcu e Marco Tuppo.

“Sharpness” apre il disco e la musica si fa immediatamente immagine. Gocce sonore piovono in maniera delicata su un tappeto psichedelico per sfociare nella World Music. La sensazione di benessere e spaziosità è intrinseca dell’ascolto. Violino basso ed arpa nella breve “Das Unheimlich” per un suono che trasporta, inevitabilmente il tutto avviene ad occhi chiusi. Musica che scava dentro, come nella successiva “Mi Alma Viajera”, un racconto fatto di scale semplici, quasi minimaliste, ricercando l’anima di chi ascolta. Gli stili mutano brano dopo brano, “Near Death Experience” inizia quasi come un organo da chiesa tanto da rendere tetra e lugubre l’atmosfera. Loop sonori che aleggiano sopra territori psichedelici si lasciano trasportare anche da eco d’effetto.

E l’ascolto diventa ancora più sperimentale e toccante in “A Kaleidoscoping Mind”, nomen omen. Il rapporto di Raoul con il proprio strumento è fisico, forte ma allo stesso tempo delicato, l’arpa viene toccata in maniera inusuale, fra rispetto e desiderio di pizzicarla forte. Ma quello che interessa a Moretti è il suono che ne scaturisce e questo non è decisamente usuale. Se andiamo a cercare monoliti del Rock potremmo avvicinarlo per tendenza a “Ummagumma” dei Pink Floyd, ascoltate “The Black Swan” per credere.

Torna la calma con “Universi Paralleli” ed il suono è davvero cosmico, lento e senza gravità, come dicevo in precedenza, la musica diventa immagine. Suoni grevi e sostenuti, l’arpa non sembra quasi essere più uno strumento inteso per come è stato creato, ma un mezzo con cui creare situazioni astruse e affascinanti. Ancora suoni eterei in “Obliviousness”, rilassanti e scevri di ogni etichetta. “Reflections” ha una vibrazione silente, ossia che ti entra dentro la testa apparentemente a basso volume, ma che in realtà ti fa vibrare fortemente il cervello. “Breakaway” è un movimento più ritmato e semplice, tanto che potrebbe scaturire anche da un album dei teutonici Kraftwerk. Tutto muta in “Harpness”, nulla è mai lo stesso, l’arpa sembra gridare dolore in “Sharp-Eyed Man”, un giro armonico pregno di sofferenza ed oscurità grazie anche al suono straziante del violino. L’arpa ritorna a fare l’arpa in “Sweetly Violent”, ma è un breve istante per poi passare al suono minimale di “Violently Sweet”, brano in crescendo tanto da diventare infine Post Rock. In alcuni passaggi ho sensazioni che riportano la mia memoria al Fripp dei King Crimson, quello che spesso in sede live riesce a cucire momenti sperimentali al suono dei strumenti. Ricerca è la parola d’ordine. E così via fino a giungere a “Rebirth”, che per chi vi scrive è un piccolo capolavoro e non a caso è anche il brano più lungo dell’album con i suoi quasi otto minuti, ed il tempo sembra fermarsi.

In conclusione “Harpness” è un disco rilassante, scostante, nervoso, calmo, sereno e nuvoloso, il tutto con un filo conduttore, la mente di chi ascolta, perché ognuno di questi suoni fanno vibrare in noi posti differenti del nostro cervello e si sa che ogni mente non è mai uguale ad un'altra. Per cui se siete curiosi lasciatevi travolgere da questa musica. Osate!

Per chi lo conoscesse il disco è consigliato anche ai sostenitori dello statunitense Rafael Anton Irisarri. MS



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