The Mother Road, un altro nome con cui è conosciuta la celeberrima
Route 66, è anche il nome scelto dal chitarrista Chris Lyne
(Soul Doctor) e dal cantante Keith Slack (Steelhouse Lane e Michael
Schenker Group) per identificare il progetto nato nel 2011 e che si
è completato con l'innesto del tastierista Alessandro Del Vecchio,
il batterista Zacky Tsoukas ed il bassista Frank Binke. Le undici
canzoni del debut-cd "Drive" si abbeverano all'inconfondibile
sound anni settanta, un hard rock misto di blues, sudore e passione,
Free e ZZ Top, The Black Crowes e Led Zeppelin, Bad Company e King's
X, il tutto realizzato da musicisti impeccabili che non antepongono
la fredda perfezione esecutiva al caldo sangue che scorre nelle loro
vene, e quanto si può ascoltare è un trionfante tributo
ad una lontana stagione musicale irripetibile.
Seppur ogni canzone contenga passaggi, riffs o melodie che in qualche
modo richiamano a qualcosa di già fatto, mi sento di affermare
che il quintetto è riuscito ad evitare di crogiolarsi in un
puro esercizio nostalgico, riuscendo ad infondere in ogni nota qualcosa
della propria personalità e del proprio passato.
I primi secondi dell'opener "The Sun Will Shine Again" sembrano
voler indicare un percorso folk (tipo Led Zeppelin III), ma presto
l'atmosfera si scalda ed ecco servito un bollente hard blues con un
refrain da far invidia ai Whitesnake di "Ready An' Willing".
"Feather In Your Hat" ha un piglio più funky e l'Hammond
di Del Vecchio unisce la chitarra senza freni di Lyne e la cangiante
voce di Slack con turgidi interventi. Il blues alla Free/Bad Company/The
Black Crowes prende il sopravvento nel tempo rallentato di "Drive
Me Crazy" (gran ritornello!!!) e nella appena più movimentata
"Out Of My Mind", goduria auricolare senza tempo!
"These Shoes" è una semi-ballad che ricorda molto
analoghi brani dei Whitesnake (ed anche Slack in questo caso tende
ad assumere vocalità fortemente coverdaliani), mentre un sontuoso
e solenne Del Vecchio domina la prima parte di "Dangerous Highway",
vibrante e deciso rocker che profuma di Bad Company ad ogni nota,
mentre "Poor Boy (Long Way Out)" mi ha maggiormente ricordato
i Moutain, mentre "Blue Eye" racchiude fusi al proprio interno
tante sonorità anni '70, dal soul al rock-blues ed esce con
grande freschezza dagli speakers grazie anche ad un ritornello vincente
ed avvincente.
Al termine sono collocate la maschia "Still Rainin" e "On
My Way", quest'ultima parte come brano acustico per solo voce
e chitarra, per esplodere in un trionfo di elettricità chitarristica
e tastieristica prima di ripiegare sulle tenui sonorità iniziali
e congedarci da un disco ben fatto e che riesce ad evocare con successo
un'epoca storica per la musica e l'umanità. ABe
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