La musica come linguaggio comune, come supporto alle parole quando
queste non bastano più ad esprimere un concetto o a descrivere
un luogo. La World Music bene si adatta a ciò, se poi la si
va ad arricchire con contaminazioni Jazz Fusion, elettronica e musica
araba, allora tutto il contesto diventa ancora più intrigante.
Questo è il campo d’azione per una band proveniente dalla
Lombardia (Como/Milano) che con il debutto discografico dal titolo
“Find A Place”, addentra l’ascoltatore in questi
luoghi attraenti, loro si chiamano Mozaic.
Il gruppo prende forma da un idea della cantante, insegnante e direttrice
di coro Yasmine Zekri, che estrapola il tutto dalla sua tesi di laurea
in Canto Jazz "Il jazz e la musica araba", ricavando spunti
da autori come Abdullah Ibrahim, Yusef Lateef, Randy Weston, ma soprattutto
Dhafer Youssef e Rabih Abou-Khalil. In questo viaggio sonoro si coadiuva
di artisti come Stefano De Marchi alla chitarra (Psicosuono), Daniele
Cortese al basso ed Andrea Varolo alla batteria e percussioni. Ci
sono anche due special guest, Achille Succi al clarinetto basso e
Alberto Ricca all’elettronica.
Lo sforzo creativo dettato dagli innesti di generi, porta al risultato
di dieci brani, e questo “Find A Place” viene registrato
nel luglio 2017 presso l'Artemista Recording Studio di Spessa (PV).
Musica che emana calore, sin dall’iniziale “No Place For
Minds”, acceso dalla voce di Yasmine. Gli Area di Demetrio Stratos
avrebbero detto “Popular Music”, traendo proprio il concetto
dal loro modus operandi. Intrigante il momento corale voce e basso
su suoni live.
Ed il basso è lo strumento che apre anche la successiva “Colours”
dall’incedere decisamente Folk a dimostrazione dell’apertura
mentale del progetto Mozaic. La ricerca suono/voce la si evince nell’ascolto
di brani come “Mermaid”, mentre il Jazz fuoriesce in “African
Rainy Day”.
Soffice e toccante “Daffodils” mentre gli Area questa
volta sono chiamati in causa nel suono di “White Rabbit”.
E’ solo un momento che comunque traccia un percorso di gusto
personale ben marcato da parte degli artisti. Seguono voce e suoni.
La breve “In Fuga” mostra il lato giocoso della band,
quello più sbarazzino e divertente, tuttavia sempre sperimentale
ed improvvisato.
Percussioni e clarinetto aprono “Ainda”, vero calderone
di sonorità con inseguimenti voce e strumenti, movimento sempre
molto caro al Jazz. Il contesto è simile in “In The Moor”,
vetrina sia per le qualità compositive che esecutive dei componenti,
non solo di ricerca vocale. Il disco si conclude con “Hermit’s
Lament”, nomen omen.
Nella musica dei Mozaic c’è cultura, ci sono colori come
nella copertina, si respira voglia di approfondire e di esprimersi
senza nessuna restrizione di regole. Un poco ciò che accadeva
per certi gruppi anni ’70 anche in Italia. Tutto questo ovviamente
fa di “Find A Place” un lavoro mirato ad un pubblico dalla
mente aperta. Musica dai mille colori che investe l’ascoltatore
e lo avvolge nel suo calore. MS
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