Ecco una bella vicenda artistica, degna di essere menzionata. Ripresentatisi
al pubblico con l'ottimo "Bandwith" (anno 2000), dopo in
ventennio circa di silenzio, gli statunitensi The Muffins concedono
ora l'agognato bis di quel notabile dischetto. Il solido quartetto
basato in Washington D.C. (Thomas Scott, sax, flauto, clarinetto,
tastiere, percussioni, Dave Newhouse, tastiere, clarino, sax, Billy
Swann basso e chitarra acustica ed infine, ma non ultimo, Paul Sears
alla batteria ed alle chitarre elettriche).
Dopo aver firmato capolavori del prog più ricercato quali "Manna/Mirage"
(correva il '77) e "185" (entrambi griffati dalla leggendaria
Random Radar, ristampati di recente dalla Cuneiform, patrocinatrice
dell'attesa rentrée), ed aver partecipato allo ZU Festival,
facendosi notare da un nume indiscusso quale Mr. Fred Frith, decise
in fatti di abbandonare le scene nel 1981, lasciando un vuoto che
nessun altro avrebbe potuto colmare.
"Double Negative" è disco di assai elevato spessore
tecnico/artistico, non potevano d'altronde sorgere dubbi a tal proposito,
palestra ideale ove dar sfogo ai complessi ego dei quattro, autori
di pezzi di efficace presa ove progressive, fusion e jazz si combinano
perfettamente. E' un susseguirsi di istanze cangianti, di repentini
mutamenti d'ambientazione e di struttura. Anche il passaggio apparentemente
meno elaborato evidenzia quanto sia sofisticata la scrittura dei suoi
estensori. Contribuisce alla riuscita dell'argenteo cerchietto una
compatta schiera di ospiti, fra i quali Marshall Allen e Knoel Scott
della Sun Ra Arkestra. Spettacolare. Trovate geniali spiazzano l'uditore,
come lo spoken di "Exquisite corpse" (in ceco, colpevole
è tal Janusch, ricerche più approfondite nei confronti
del quale sono risultate vane); ma che dire della delicata ed elegiaca
"Dawning star", chiara dimostrazione che questi virtuosi
dello stromento possiedono anche un'anima! "Metropolis"
si specchia nel suo stesso titolo, è episodio nervoso, freddo,
poi "Maya" riporta calore e luce. Prima del gran finale,
appannaggio di una beffarda "The two Georges", a tratti
pervasa da una ironica magniloquenza (chissà a chi è
dedicata...).
Intelligenti, colti e ricercati senza risultare spocchiosi od opprimenti,
i The Muffins giustificano appieno chi in loro vede dei veri e propri
idoli. Una degna ricomparsa, che si appaia a quella di un altro pezzo
di storia del prog U.S.A., ovvero Happy The Man! AM
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