Terzo
capitolo per gli spagnoli Neverness. Ho sempre apprezzato lo sforzo
creativo di questo quartetto, il cantato in inglese per rendere più
popolare il prodotto ed anche il modo di comporre la musica che lascia
spazio sia a buone melodie che ad una certa ricerca strutturale. “The
Measure Of Time” è suddiviso in sei tracce tutte di lunga
durata, tanto per sottolineare che loro sono una band Prog a tutti
gli effetti. “Behind Your Face” con i suoi undici minuti
chiarisce subito le influenze stilistiche della band, richiamando
giri di chitarra nervosi alla King Crimson, ma anche momenti pacati,
per un Rock sinfonico esaltato dalle tastiere di Victor Pèrez.
La title track riporta ancora la chitarra di Javier Nieto (anche voce)
alla fine degli anni ’70 quando Fripp (King Crimson) comincia
a virare la rotta verso un suono più isterico. La ritmica composta
da Antolìn Olea (batteria) e da Dino Martìn (basso)
non esagera mai e tuttavia si ritrova molto bene, palesando una sufficiente
intesa. Certamente si presentano all’ascolto numerosi cambi
di tempo ed umorali, questo spezza ed impreziosisce il lavoro intero,
rendendolo nettamente più interessante. Strumentalmente i brani
si lasciano apprezzare, anche se non è che ci sia una grande
prova di carattere, perché molto di quello che si ascolta è
gia sfruttato da molte altre band. Apprezzabili di tanto in tanto
degli interventi di elettronica eseguiti con le tastiere, mi fanno
tornare alla mente gli anni passati, quando il Prog dava ancora il
meglio di se. Agli amanti della chitarra elettrica stile Gilmour dico
che avete di che ascoltare, in quanto molto spesso compaiono note
sostenute e comunque energia a profusione. Ascoltare “Reing
Of Fools” è come fare un balzo indietro nel tempo fra
le note dei Floyd più lisergici, per me una vera e propria
goduria. I toni si placano con l’intro di piano in “Rest
In Peaces”, preludio ad un altro momento altamente psichedelico
in un crescendo davvero efficace. Chiude il disco un altra minisuite
dal titolo “Shadows Of The Past”. Questa è un sunto
di tutto quello che abbiamo potuto apprezzare durante l’ascolto
dell’intero disco.
Dunque i Neverness III mi hanno convinto e divertito, perché
comunque sia la musica è emozione e svago, anche se il genere
Prog spesso e volentieri si autoesalta con logorroiche fughe strumentali.
La Musea Records è sempre sinonimo di qualità, a prescindere
dai gusti personali. Complimenti MS
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