AltrOck colpisce ancora, confermandosi una delle label più
professionali ed attendibili del nostrano panorama Progressivo. Il
progetto Not A Good Sign racchiude in se elementi di band che militano
o hanno militato nella scuderia, come Paolo “Ske” Botta
e Francesco Zago (Yugen, Ske). Il gruppo milanese giunge al secondo
album, qui ben presentato in una elegante edizione cartonata, quel
secondo album che generalmente porta alcune certezze e definitivi
assestamenti stilistici.
Con loro viaggia sempre l’innovazione che li rende ben distinguibili
nel panorama Progressivo, tanto da fargli restare il termine stretto.
I Not A Good Sign non necessitano di un aggettivo ben preciso, spaziano
e sperimentano, legando il tutto con melodie sempre interessanti,
a volte anche distanti dal Rock stesso.
L’attenzione per l’era d’oro del Rock Progressivo
comunque fa sempre capolino fra le dieci composizioni che formano
l’album, anche se viene a mancare nell’insieme la classica
suite, simbolo di un genere oramai radicato più al proprio
passato che al presente ed al futuro. Pochi sono gli artisti che si
muovono “altrove”, ed i Not A Good Sign sono fra questi.
La formazione che suona in “From A Distance” è
composta da Paolo “Ske” Botta (tastiere), Alessio Calandriello
(voce – La Coscienza Di Zeno), Alessandro Cassani (basso), Martino
Malacrida (batteria) e Francesco Zago (chitarra), con loro special
guest come Maurizio Fasoli (Yugen – Granpiano), Eleonora Grampa
(corno inglese, oboe) e Jacopo Costa (vibrafono, glockenspiel).
L’album si apre con fughe caratteristiche nel Prog, così
anche le atmosfere che nell’insieme fanno venire alla mente
molte band nordiche del panorama, una su tutte i Landberk. Il brano
“Wait For Me” ci presenta anche un Alessio Calandriello
in gran spolvero, sicuro dei propri mezzi, finalmente una buona voce
per un genere che in Italia ha sempre presentato gravi carenze. Con
“Going Down” resta il riferimento King Crimson, un suono
davvero emozionante e coinvolgente, un breve sunto di come si può
fare grande Prog in una semplice e breve canzone. Una sorta di moderni
Gentle Giant? Poco importano i paragoni, lo stupore prosegue con “Flying
Over Cities” ed una ritmica quantomeno precisa e godibile. A
questo punto, dopo molto decantare vi chiederete se sto narrando il
percorso sonoro di un capolavoro… Chi mi segue sa bene che il
termine “capolavoro” non lo uso quasi mai, escluso in
rarissimi casi, ma qui i requisiti per esserlo ci sono tutti, incisione
compresa.
Si prosegue con la nostalgica “Not Now”, una canzone che
in crescendo scava dentro l’anima di un puro progster. Lo strumentale
composto da Paolo Botta “Aru Hi No Your Deshita” è
un breve viaggio mentale che porta a “Pleasure Of Drowing”,
altro tassello in bilico fra canzone ed articolazione. Seguono due
dei frangenti più alti del disco, “I Feel Like Snowing”
e “Open Window”, quest’ultimo strumentale greve
nell’inizio quanto incantevole nelle atmosfere. Potrebbe benissimo
uscire da un album degli Anekdoten. Da solo vale l’acquisto
dell’album. Altro gioiello è “The Diary I Never
Wrote”, il collegamento fra passato e presente musicale si interseca
alla perfezione, in esso si denota anche la grande cultura musicale
dei componenti.
L’album è terminato, salvo il breve strumentale “Farewell”,
non nascondo che l’intro mi ricorda “Il Mattino”
di Grieg.
Per chi vi scrive, “From A Distance” è al momento
uno dei tre album più belli dell’anno, quasi perfetto,
ed il quasi è dettato forse dalla mancanza di un momento più
colorato, il dna italiano è anche composto da solarità,
non perché debba per forza esserci un frangente felice, tuttavia
farebbe un attimo respirare un aria differente dopo molta oscurità.
Classe a vendere, buone idee, finalmente il tassello mancante fra
passato e futuro e sono orgoglioso che a fare questo sia una band
italiana! Unico vero neo dei Not A Good Sign arriva da un comunicato
su facebook, quello della defezione di Francesco Zago esposto il 2
febbraio 2015.
Not A Good Sign? For me “From A Distance” is a good…
Good Sign! MS
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