Compare in un filone musicale ben gremito come il Metal Prog, un nuovo
nome italiano, nazione che sembra avere un occhio di riguardo speciale
per questo genere, i Numph. Si formano abbastanza recentemente, nel
2010 a Carrara e già nel 2011 realizzano il primo ep autoprodotto
dal titolo “Four Zoas”.
Compaiono così, in un elegante confezione cartonata, curata
e disegnata da Jeffrey Smith, questo è un fattore che senza
dubbio tengo a sottolineare in quanto il prodotto va goduto nella
propria interezza. L’oscurità dell’artwork riesce
a comunicare quel velo di tristezza che aleggia con classe in prodotti
sonori anche per esempio proposti da band blasonate come Tool, Opeth,
Anathema, o Porcupine Tree solo per fare alcuni nomi. In effetti questo
si riscontra anche in “Theories Of Light”. La registrazione
è buona e rende merito a quanto proposto nelle otto canzoni.
Il gruppo è formato da Marco Bartoli (voce), Luca Giampietri
(chitarra), Antonio Conti (basso) e Giuseppe D’Aleo (batteria
e percussioni).
La title track apre l’album in un vortice di nubi oscure, su
di un ritmo lento e cadenzato, fra giochi di voci filtrate, growl
e pulite. Bartoli si dimostra subito buon interprete di questo genere
che ha comunque proseliti ferocemente avvinghiati a queste sonorità
e amanti di buona tecnica spesa a favore della giusta melodia. Buono
l’assolo di chitarra, gli Opeth vengono sicuramente a galla,
anche per la mia gioia. Un pezzo sicuramente eccellente, un esempio
di come si possono fare canzoni toccanti ed emotive senza troppi orpelli
inutili.
Il ritmo sale con “Jacob’s Ladder”, i riff di chitarra
si intersecano per lasciare campo alla voce, prova più impegnativa,
il tutto all’insegna della melodia spaziosa ad ampio respiro.
Non soltanto oscurità, ma squarci di luce alternano l’ascolto
rendendolo più fluido. La sezione ritmica si dimostra precisa
e rodata, l’intesa è buona e senza strafare riesce a
dare la propulsione giusta.
“Dust Of Souls” ha un inizio intrigante, che farà
piacere sicuramente agli amanti dei Pink Floyd. Buono ancora una volta
l’assolo di chitarra, lo ribadisco perché sempre più
raramente nei prodotti odierni, riscontro questi tagli al brano. In
questo caso, breve ma intenso, perché i ragazzi hanno capito
una cosa importante, l’intensità nella musica è
un fattore decisivo. Questo è uno dei brani più belli
dell’intero album. “In Dark Limbo” è decisamente
più abbordabile dal punto di vista “formula canzone”,
accalappia con agilità l’anima di chi ascolta grazie
alle proprie linearità soffici e rilassate. Risale il tono
in “Death And Rebirth” ed anche qui emerge la consapevolezza
degli artisti in questione di alternare fasi più vigorose ad
altre eteree, spezzando e rendendo gradevole tutto l’ascolto.
Ma questo ovviamente non basta, servono altresì canzoni e melodie
giuste. Lo sanno.
“Deep Impact” è più Metal Prog e diretta,
mentre l’atmosfera oscura sale con “Within The Core”.
Chiude “An Angel”, altra piccola gemma racchiusa in arpeggi
e delicatezza.
Band come Tool, Opeth o Porcupine Tree oggi hanno segnato un solco
davvero profondo, dove molti artisti hanno potuto seminare e raccogliere,
i Numph devono necessariamente raccogliere, perché meritano
la vostra attenzione in quanto godono anche di buona personalità.
Le idee ci sono, quindi avanti così! MS
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