Il musicista tedesco Conny Ochs ha fatto parte di numerosi progetti, 
            il più importante è stato quello condiviso col cult 
            hero Wino (Schott Weinrich) per l’album Heavy Kingdom, che ha 
            dato al nostro una certa fama internazionale. Per il resto si sa ancora 
            poco di lui. In questo disco si presenta con la chitarra, per lo più 
            acustica, e qualche percussione appena accennata, una mise intimista 
            e poetica che sembra uscire da altri tempi e mi piace che oggi ci 
            sia ancora qualche artista che rifugge le superproduzioni per presentarsi 
            nel modo più diretto e vero, lui e il suo strumento. 
             
            Il viaggio nell’universo di Ochs parte con “Exile”, 
            un brano notturno, lento, costruito su un giro di chitarra intrigante, 
            bella la voce di Conny, che entra subito in contatto con l’animo 
            più intimo dell’ascoltatore e lo prende per mano per 
            accompagnarlo. “No Sleep Tonight” nasconde un piglio rock, 
            smorzato dalla scelta acustica, ma che nonostante tutto graffia lo 
            stesso. L’atmosfera è molto dark e anche i testi sembrano 
            seguire questa inclinazione, si parla di drammi e il connubio con 
            la musica sofferta è ottimo. “Die In Your Arms” 
            è più vivace, nonostante il titolo, il ritmo è 
            più veloce, ma resta una bella ballata, anche se breve. “Faces 
            In the Crowd” è giocata su più voci a cappella, 
            sembra una vecchia canzone folk, anche questa brevissima, poco più 
            di un minuto. Il disco prosegue con titoli diversi come “Stable 
            Chaos” e “Trust In Love”, le atmosfere e le scelte 
            armoniche cambiano continuamente, ma non lo spirito di fondo del disco. 
            Come quando in “Borderline” la chitarra diventa elettrica, 
            ma non tradisce il fascino intimo del disco. Molto bella “Phantom 
            Pain”, o la romantica “Lead-Out” fra echi di Nick 
            Cave e anche qualcosa di Tom Waits. Altra ballata è “Blues 
            For My Baby”, triste come promette il titolo. Chiude “Mouth”, 
            dove l’armonica a bocca prende il posto della chitarra, è 
            ancora un blues, mentre la voce di Ochs fa tutto e più di qualche 
            brivido scorre. 
             
            In questo album troviamo un musicista che si mostra al pubblico accompagnato 
            quasi esclusivamente dalla sua chitarra e con la voce regala emozioni 
            che solo un vero artista può dare, minimalista se volete, ma 
            non è certo facile incantare con un disco così semplice 
            e diretto, bravo! GB 
            
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