Sotto
questo nome oscuro si cela il progetto solista di Gerardo Ubieda,
il batterista dei Venezuelani Tempano, un gruppo al quale ci siamo
affezionati e quindi è stata una sorpresa piacevole ricevere
questo album. In realtà ritroviamo molti altri compagni di
stada come il chitarrista Pedro Castillo, il tastierista Giulio Cesare
Della Noce e il bassista Miguel Angel Echevarreneta, ma ci sono anche
altri musicisti che hanno contribuito alla riuscita del disco.
La musica sviluppata in God’s Garden parte idealmente da quanto
i Tempano hanno fatto, ma è più sperimentale con molte
parti jazz, improvvisazioni e anche un po’ di rumorismo (giusto
qua e là) in stile Canerbury, un mix di prog settantiano con
dei suoni piuttosto attuali che non dovrebbero dispiacere ai neofiti
del prog. I brani sono per lo più strumentali, uno solo è
cantato, e possiedono tutti un’atmosfera surreale, onirica senza
però arrivare alla psichedelia, piuttosto si spazia spesso,
come ho già ricordato, nel jazz rock.
Nove tracce con delle parti molto interessanti di batteria, ma Gerardo,
che contribuisce anche al songwriting dei Tempano, sa scrivere grande
musica e c’è spazio per tutti i musicisti. Senza dubbio
la proposta di Ubieda non è da consigliare a chi si è
accostato al prog da poco, mentre chi già lo macina da tempo
troverà sicuramente pane per i suoi denti famelici, ma la varietà
espressa rende scorrevole un prodotto da cultori.
Questo disco è la risposta a chi crede che non c’è
più nessuno capace di fare del buon prog come ai vecchi tempi,
una grande prova da una terra che spesso, a sorpresa, ci ha rivelato
grandi artisti. GB
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