La scena prog è nuovamente popolata da molte realtà,
per questo diversi progetti restano nell’ombra o sono conosciuti
solo dai più appassionati, da un lato questo è garanzia
di qualità, perché nel mercato di oggi non è
più remunerativo fare un disco quindi solo la vera passione
è il motore che spinge questi artisti, dall’altro c’è
il rischio concreto che i loro sforzi non vengano adeguatamente riconosciuti.
Questo terzo album è la conferma della volontà dei PFP
di volercela mettere tutta per ritagliarsi uno spazio nel firmamento
del rock “romantico” (come veniva chiamato da alcuni il
prog) e già lo splendido artwork del sempre più bravo
Ed Unitsky ben dispone all’ascolto. Il disco è vario
e ricco di sonorità, non è solo classico prog, ma c’è
anche pop evoluto e qualche partitura più robusta, con una
ricerca melodica che convince. Anche in questo senso mi vengono in
mente i primi dischi del genere, che non avevano paura di affiancare
canzoni più semplici a quelle complesse e visionarie, che hanno
fatto la fortuna del movimento. Le partiture strumentali sono impeccabili,
ci sono passaggi splendidi, il cantato è buono, eppure in qualche
passaggio si poteva fare di più, comunque tra le mani abbiamo
un piccolo gioiello.
Il limite è di essere un prodotto che rischia una diffusione
limitata al solo pubblico specializzato, sarebbe un peccato, ma credo
che la band ne sia consapevole. GB
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