Nuovo
album per i Penitent, moniker dietro il quale si celano le ambizioni
artistiche di Karsten Hamre, un progetto da culto che dal '94 ad oggi
ha prodotto una discreta serie di lavori all'insegna di un dark sinfonico
e depressivo.
Questo nuovo album segna un nuovo corso per il progetto di Hamre che,
pur mantenendo le coordinate sinfo-goth, si arricchisce di elementi
Black Metal, Industrial e art rock dal forte sapore teatrale e consolida
il connubio artistico con Bernt Sunde, che si occupa delle musiche.
Ma, pur riconoscendo un certo fascino a certi passaggi, non riesco
proprio a digerire il risultato complessivo, in particolare trovo
quanto mai fastidioso e stucchevole il cantato aspro, delirante ed
esageratamente sguaiato, mentre la musica si sforza di essere evocativa.
Il primo confronto che mi viene in mente è con l'ultimo album
degli Angizia, ma questo album non vale un decimo di quel capolavoro.
Otto tracce che alla fine si assomigliano tutte, pur cercando di essere
diverse. Le musiche non sono male, con parti spettrali di pianoforte
ed archi, come nel brano "A Gate to Past Times", che si
alternano a cavalcate Black, vedi la traccia "Manifesto",
non particolarmente innovative.
Un disco diverso dal solito, che non centra l'obbiettivo, ma che si
fa notare per una proposta abbastanza originale. GB
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