David
Petrosino è un personaggio complesso e poliedrico, cantante,
chitarrista, autore e produttore, nel suo curriculum spiccano molte
collaborazioni, ha fatto parte dei gruppi Handala e Sailor Free e
ha collaborato con Noà, Mauro Pagani, Not Moving e molti altri
e ci sarebbe molto da dire, di certo è sempre stato parecchio
attivo sulla scena musicale, uno dei personaggi nazionali più
aperti alle nuove sonorità internazionali.
Questo suo disco può essere visto come una punto di arrivo
di una carriera a tutta musica, infatti ogni solco trasuda esperienza,
ma anche come punto di (ri)partenza, una nuova sfida per dire che
la musica è ancora e sempre uno dei suoi interessi più
significativi. “Pure” da l’avvio al cd con un riffing
molto hard rock, ma anche con atmosfere psichedeliche notevoli, un
brano diretto che non ha bisogno di molti commenti. Non meno convincente
è “The Core”, che aumenta in psichedelia, ma non
perde mordente. “The Flying People” è più
cadenzata e rallenta la corsa dei brani precedenti, ma guadagna in
poesia, i suoni si fanno quasi ottantiani, vicini ai Depeche Mode.
Ancora una rilettura attualizzata degli anni ’80 nella successiva
“Slices of Happiness”, che spazia fra shoegazer e post
rock, con delle melodie molto belle. Con “Chinese Place”
mi tornano in mente anche i Cult più rock. Più originale
mi suona “Under My Skin”, che rimane sempre su territori
fra il rock moderno e la psichedelia, ma con soluzioni armoniche meno
prevedibili. Da questo punto il cd si fa via via più sperimentale
e ricercato, le soluzioni diventano meno “appetibili”
ad un orecchio frettoloso, ma aumentano gli spunti di riflessione
per i più attenti e la qualità aumenta. Particolarmente
bella è “My Brain” con irresistibile crescendo.
Da un veterano del rock ecco un disco fatto con passione, non crediate
che sia una cosa così scontata, anzi a volte l’esperienza
può rivelarsi un arma a doppio taglio… ma non è
questo il caso, Petrosino ha realizzato un disco di cui può
andare fiero. GB
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