Rock Impressions
 

I PINK FLOYD
Di Salari Massimo

Quante volte in una recensione di un disco abbiamo letto ”questo brano ricorda i Pink Floyd più sperimentali” oppure “… quelli di The Wall” ? Moltissime direi, quasi a raggiungere la tortura psichica! Ma chi sono questi signori che hanno fatto da musa a così tanti musicisti? Perché si ispirano a loro, ma soprattutto, cosa hanno fatto di così innovativo? Molto si è scritto, quasi tutto quello che si poteva dire di un gruppo che ha stravolto gli equilibri del Rock e che ha osato molto di più, spingendosi oltre lo sperimentalismo arrivando fino alla Psichedelica, tutt’oggi considerata loro figlia. Ripercorriamo anche noi la meravigliosa strada aperta da questi ragazzi che certamente non hanno nel loro bagaglio musicale la parola “compromesso”.

LA STORIA

Tutto ha inizio nel 1965 con un complesso di nome Sigma 6, composto da Bob Close, Syd Barrett, Rick Wright, Roger Waters e Nick Mason. Il debutto è nel Countdown Club in quel di Kensington, ma il gruppo ha vita breve , già l’anno successivo si ha la prima defezione, Bob Close lascia la band per dare inizio ad un valzer di nomi che si alternano al progetto. Anche la formazione cambia più nomi: The Screaming Abdabs, T-Set, The Meggadeaths e The Architectural Abdabs, ma è Syd Barrett a proporre il nome The Pink Floyd Sound, che poi verrà abbreviato nel più semplice e diretto Pink Floyd, ispirandosi a due artisti Blues: Pink Anderson e Floyd Council.

Nel febbraio del 1967 esce il primo 45 giri dal titolo “Arnold Layne”, ma trovare una casa discografica non è cosa semplice, sono Polydor ed EMI che comunque fiutano il potenziale di questi giovani “capelloni” e lottano a suon di dollari per accaparrarsi la band. Come tutti sappiamo l’ha spuntata il colosso EMI. La canzone in questione ha un buon successo di vendite (ventesimo posto nelle classifiche Record Mirror), ma incontra pure i primi problemi sociali, il testo recita “Ad Arnold Layne piace molto vestirsi con abiti di donna” e Radio London censura il brano. Stranamente non viene emulata dalla BBC e dagli altri media. Waters liquida il fatto marchiando i proprietari di Radio London come dei “conservatori” non aperti alla libertà intellettuale. Questo teso provocatorio abbandona i soliti canoni “amorosi” delle liriche del periodo.

Partono le tourneè e Syd già comincia a far parlare di se con comportamenti istrionici grazie alla sua spiccata personalità, ma soprattutto a causa dell’LSD, che purtroppo assume. Il sei Agosto esce il nuovo 45 giri dal titolo “See Emily Play” ed è un altro successo, visto il sesto posto piazzato alle spalle di capolavori quali “Are You Experienced” di Jimi Hendrix e “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles.
I tempi sono maturi per un vero e proprio album, nasce “The Piper At The Gates Of Dawn” ed è un vero e proprio lavoro “fuori di testa” come lo definisce il Record Mirror del due settembre 1967. La canzone “Astronomy Domine” diventa immediatamente un classico del repertorio Floydiano e grazie alle sue atmosfere sognanti ed ariose fanno coniare alla critica il termine di “Space Rock” rimasto a lungo associato al gruppo, in parte anche ingiustamente. The Piper è un disco che sgorga energia ad ogni solco, come ad esempio nel bellissimo brano “Lucifer Sam”. Il successo bussa alla loro porta e loro lo accolgono felicemente, ma Syd oramai devastato dalle droghe non riesce più a stare con la chitarra dietro la band durante le performance dal vivo. Si ricordano persino concerti in cui il povero Barrett si inginocchia sul palco reclinando il capo per fare scena muta per tutto il tempo. Ma questo non fa altro che accrescere il mito e la fama dei Pink Floyd che inseriscono nelle loro file un loro vecchio amico, David Gilmour al posto del forzato dimissionario Barrett.

E’ il 1968 e questo terremoto interno porta ad un vero e proprio mutamento stilistico, le canzoni cambiano radicalmente e la ricerca di nuovi suoni prende piede, è la nascita di “A Saucerful Of Secrets”. Piatti colpiti delicatamente con martelli di legno, chitarre suonate con l’asta d’acciaio del microfono, insomma canzoni date più o meno al caso ed improvvisate sono gli ingredienti di questa pietanza sonora. A tratti è la noia a dominare, ma non va assolutamente trascurato il coraggio dimostrato nel voler percorrere questa nuova strada, ne tanto meno quello della EMI a scommettere in cotanta follia. Si parla molto delle stravaganze di Syd, ma la nuova formazione sembra più fuori di prima… Le canzoni più rilevanti che i nostri suoneranno in concerto, anche molti anni dopo, tratte da questo album sono “Set The Controls For The Heart Of The Sun” e “A Saucerful Of Secrets”.


Questo nuovo modo di suonare attira l’attenzione anche di registi cinematografici i quali rimangono colpiti dalla semplicità con cui i Pink Floyd tramutano le sensazioni in musica (questa del connubio sensazioni-immagini-musica è una caratteristica dei nostri, basta guardare i clamorosi concerti del periodo). E’ Barbet Schroeder ad accaparrarsi il contributo sonoro per il proprio film “More” e per i Floyd questa è la prima esperienza di colonna sonora (alla fine del 1969 vengono pure alla corte di Michelangelo Antonioni per il film “Zabriskie Point”). Due canzoni tratte da questo disco sono portate in sede live: “Cymbalyne” e “Green Is The Colour”.

Nello stesso anno,il 1969, concepiscono uno dei loro dischi più elaborati, “Ummagumma”. Questo è un doppio LP che allora uscì a prezzo limitato (9000£) ed è suddiviso in due distinte sessioni, la prima è presa dalla breve tournèe inglese del 20 giugno al Mothers Club di Birmingham e del 22 al College Of Commerce di Manchester, mentre il secondo disco è il risultato di improvvisazioni tenutesi ad Abbey Road fra agosto e settembre dello stesso anno. Nel primo disco i brani sono: “Astronomy Domine”, “Careful With That Axe, Eugine”, “Set The Controls For The Heart Of The Sun” e “A Saucerful Of Secrets”. I Pink Floyd sembrano aver definitivamente abbandonato il loro lato più commerciale e la critica al tempo stesso sembra aver accettato di buon grado la loro scelta, così come il pubblico che è pronto a regalare loro un onorevole quinto posto in classifica in madrepatria. Le ambizioni crescono, non bastano le sperimentazioni, la ricerca di nuovi suoni e soluzioni strambe, il gruppo di Waters vuole osare di più, una lunga suite (brano che racchiude tutto il primo lato del disco) con tanto di orchestra e cori. Il risultato è “Atom Heart Mother” (1970). Questa è una vera e propria opera Rock che a tratti può far venire in mente atmosfere bucoliche e Country, la copertina non poteva rendere meglio l’idea con la sua mucca al pascolo in primo piano, sicuramente una delle più famose al mondo…

La paternità del lungo brano comunque sembra essere attribuita a Ron Geesin, vecchia conoscenza di Waters. Ma non si sa se questo sia effettivamente accaduto, resta comunque il fatto che i Floyd in merito sono sempre rimasti molto generici e come si dice, “se tuona, da qualche parte piove…”. Il lato B del disco invece è stato registrato in tutta fretta con un risultato poco più che soddisfacente. L’acustica “If”, comunque, rimane una perla nella sterminata discografia Floydiana. La band suonerà “Atom Heart Mother” dal vivo solo fino al 1972, proprio a causa del suo ingente costo nel trasportare con se tanto di orchestra e coristi (circa 6.500 sterline di allora). Esistono comunque dei buoni bootlegs, grazie ad un compiacente operatore al mix, che immortalano questo brano come “Take Linda Surfing” (Amburgo febbraio 1971) oppure “Cymbaline”. Addirittura uno speciale radiofonico della BBC dal titolo “Libest Spacement Monitor”.

Nel 1971 esce una raccolta dal titolo “Relics” contenente pure il mitico primo 45 giri “Arnold Layne”, ma questa non è altro che una scusa per prendere più tempo nel preparare il nuovo lavoro in studio. Di nuovo una lunga suite prenderà tutto il lato del disco (questa volta il secondo), ma la realizzazione non sarà così costosa come la precedente e nuovi pezzi ritornano ad essere più canzone e meno improvvisazione. Ma veniamo all’attenta analisi di questo contenitore sonoro che prende il titolo di “Meddle”. Di questo LP ricordiamo con molto affetto “One Of These Days”, che per intenderci è il tormentone della sigla del programma sportivo “Dribbling” con il suo alienante giro di basso. La chitarra di Gilmour con i suoi lamenti quasi umani è sempre più padrona del caratteristico sound Pink Floyd e questa canzone ne è l’icona. Simpatico il Blues acustico di “Seamus” dove il levriero russo di Wright si cimenta dietro il microfono, veramente divertente, mentre “Fearless” è più canzone e sembra essere il nuovo percorso da intraprendere per i nostri geniali musicisti. “Echoes” è la lunga suite di cui ho accennato, bellissima con i suoi crescendo e la sua malinconica dolcezza, sicuramente uno dei loro pezzi storici più riusciti ed imitati. Ma la critica di allora non vede di buon occhio questa semi sterzata verso una commercializzazione troppo ruffiana, è vero che il disco contiene della psichedelia, una suite e quant’altro ma alcune canzoni, secondo certa stampa, segnano un tentativo di cambiamento verso il soldo facile. Ma al pubblico resta sordo a queste critiche e premia il gruppo offrendo loro un meritato secondo posto nelle Charts.

Nel 1972 è ancora cinema ed è ancora Barbet Schroeder che dopo “More” gira “ La Vallée”. Il disco si chiama “Obscured By Clouds” ed è stato registrato negli Strawberry Studios dello Chateau D’Herouville. Il film che narra delle avventure di un Hippie non coglie assolutamente consensi mentre il disco, soprattutto con il brano “Free Four” raggiunge addirittura le primissime posizioni della top 20 in America! Comunque sia è da dire che questo LP non è nulla di trascendentale ne tantomeno viene ricordato nel tempo come disco fondamentale. Ma la storia li aspetta dietro l’angolo con quello che rimarrà per sempre il disco Rock per eccellenza, la perfezione: “The Dark Side Of The Moon” (1973). D’ora in avanti tutti i lavori dei Pink Floyd verranno paragonati a questo.

Nato quasi per caso, da un insieme di frammenti sonori di session e prove fatte a casa di Mason, viene unito come un perfetto puzzle formando così tanti brani in uno solo. I testi vengono scritti interpellando pure la gente comune sui propri problemi e quelli della vita in generale. Il disco comincia con il battito del cuore in “On The Run” che sta a significare le emozioni che un uomo prova durante l’arco della sua vita (secondo Gilmour). Ogni singolo pezzo del concept è un gioiello a se stante e quindi non è legittimo menzionare questo o quel brano, ma come non si fa a citare “Money”, “Us & Them” e “The Great Gig In The Sky” interpretata dalla magnifica voce di Clare Torry? Pensate che “The Dark” è rimasto in classifica di Billboard per ben 725 settimane e l’ultima apparizione è stata nel 30 aprile 1988! Un successo a dir poco incredibile…
 

Sempre nello stesso anno la casa discografica EMI pubblica “A Nice Pair”, doppio LP, che contiene i primi due dischi “The Piper…” e “A Saucerful…”. Nel 1975 la sbornia del successo di “Dark” non è ancora assorbita, ma i Floyd proseguono per la propria strada incuranti del passato e concepiscono uno dei dischi più belli della loro meravigliosa discografia e nello stesso tempo anche il più malinconico: “Wish You Were Here”. Narra la leggenda che questo fosse dedicato a Syd Barrett e che un giorno durante le registrazioni di “Shine On You Crazy Diamond” un uomo grasso e pelato si presentò agli studi durante i lavori. Nessuno lo riconobbe ma era proprio lui… Le lunghe date dal vivo hanno tolto molta energia ai nostri, ma il lavoro riprende sulla scia dell’entusiasmo e la mitica suite “Shine…” viene scritta come “Echoes”, ossia con piccole idee suggerite da diverse persone. Il completamento del brano è molto travagliato e servono addirittura sei settimane per arrivare ad un buon risultato. “Have A cigar”, prima canzone del lato B, è cantata da Roy Harper, vecchio amico di David Gilmour a causa della sua estesa tonalità non molto consona alle possibilità canore dei Floyd . Ma è la successiva acustica “Wish You Were Here” a far valere da sola il prezzo dell’intero disco. Questo è un brano storico che portano in tournèe dal 1977 e diventa per loro un vero e proprio marchio di riconoscimento. La copertina del disco rappresenta due uomini che si salutano stringendosi la mano ed uno dei due sta bruciando fra le fiamme (o è un uomo che si è bruciato? Riferimento a Syd?). All’interno troviamo curiosamente una cartolina con un uomo che fa la verticale dentro il mare. E’ ovvio che la critica aspettasse allora un altro “The Dark..” e che quindi accolse “Wish” con delusione, ma questo è veramente l’ennesimo capolavoro di un gruppo che disco per disco si sta evolvendo irrefrenabilmente. Il connubio musica ed immagine è sempre più marcato nelle prestazioni live con spettacolari effetti e luci faraoniche che rapiscono lo spettatore, tanto da farli entrare di diritto nella leggenda musicale quale gruppo più psichedelico al mondo.

Nel 1976 nei Row Studios di Londra incidono “Animals”. Il riferimento all’uomo che inquina è palese, soprattutto nella copertina dove sopra una squallida fabbrica sorvola un maiale, lo stesso che fanno volare sopra la testa della gente nei concerti. Questo lavoro che non raccoglie molti successi di vendite, ma che viene considerato un disco di transizione,è comunque il preferito del batterista Mason. I titoli delle canzoni riguardano solamente animali, “Dogs”, “Sheep” e “Pigs”. Anche in questo caso ci troviamo al cospetto di una lunga suite che prende quasi tutto il lato A del vinile, “Dogs”. Questa è secondo chi scrive, una delle più belle canzoni mai edite in tutta la storia del Rock.

Disco di transizione dicevo, prima del mastodontico concept che ha fatto da musa ad infiniti lavori di altri musicisti, quel “The Wall” che ancora oggi ascoltiamo con silenzio per non disturbarne la magia. E’ il 1979, Roger Waters ideatore del progetto lo concepisce in tre distinte parti. Queste risultano così correlate fra di loro tanto da convincerlo a farne un doppio LP. Durante l’ “In The Flesh Tour” Roger ha un infortunio in scena e da qui nasce l’idea di alzare un muro fra lui ed il pubblico, di questo ne parla con il futuro produttore Bob Ezrin assieme al quale decidono di fare di “The Wall” uno spettacolo ed un film. Il distacco di Roger dalla società, o meglio la saturazione psicologica che questa ha portato in lui ed il ricordo della morte del padre (mai conosciuto) in guerra in quel di Anzio lo portano a realizzare quello che ancora oggi consideriamo il capolavoro Rock per eccellenza.

Alienazione, frustrazione, distacco, droga, sesso… questi sono solamente alcuni degli ingredienti che compongono sia il film di Alan Parker che il concept. Pink è il protagonista (nel film interpretato dal cantante Bob Geldof) di questo viaggio che si conclude con il positivo abbattimento del muro. Naturalmente “The Wall” è un lavoro di Waters. La chitarra di David è protagonista assoluta ed i suoi lamenti fatti di note sostenute rendono perfetta l’atmosfera che i Floyd vogliono far respirare all’ascoltatore. Ma nulla è in confronto a quello che si può vedere dal vivo, aerei (ovviamente finti) che si schiantano con tanto di muro che si erge durante il concerto fino a separarli dal pubblico ed esplosione del suddetto nel finale.
Alla fine del gennaio 1979 il disco ha venduto 1.200.000 copie ed a metà degli’80 raggiunge i 12 milioni. Ma questo segna pure la fine dei buoni rapporti fra i singoli componenti del gruppo. La forte personalità di Waters rompe i precari equilibri all’interno della band la quale comincia a stancarsi dei suoi problemi e del suo passato privato. Con “The Final Cut” Roger rasenta la paranoia. Il titolo la dice lunga, “il taglio finale”, Water compone questo nuovo disco nel 1983 che sembra formato da scarti di “The Wall”! I Pink Floyd non vogliono ripetersi, la loro storia ce lo insegna, ma Roger non sembra discostarsi da questo collaudato filone. E’ la frattura , Waters se ne va. Per la giusta cronaca, il disco vende bene ma è privo di momenti veramente degni della storia. Pesanti dispute legali proseguiranno negli anni successivi sulla paternità del logo, ed alla fine la spuntano Gilmour e Mason i quali nel 1987, sempre per la EMI, pubblicano “A Momentary Lapse Of Reason”, onestissimo disco di canzoni con tanto di bei momenti chitarristici, super cori e quanto di meglio un lavoro Rock possa contenere, ma nulla di trascendentale. La sperimentazione sembra definitivamente conclusa, questo conferma il perfetto connubio che i quattro avevano in passato.

Le prestazione live sono sempre più clamorose, concerti con la presenza di 200.000 persone estasiate da effetti luce immensi e costosi. Ma la stanchezza e l’età dei componenti stessi non consente più una fertile costanza concertistica.
Testimonianza discografica di questo periodo è “Delicate Sound Of Thunder”.
Bisogna attendere il 1994 per sentire di nuovo i Pink Floyd con nuovi brani. Ritorna Wright nei ranghi ed il risultato della reunion (se così la vogliamo chiamare) è il bel “The Division Bell”. Il gruppo ora capitanato da Gilmour migliora la qualità compositiva, ma non si discosta poi molto dal suo predecessore in studio. Tutte le canzoni sono dei piccoli gioielli ma mancano le suite che caratterizzavano i dischi degli ormai stanchi Pink Floyd. Di nuovo concerti e questa volta vengono immortalati in “Pulse”. Di questo doppio CD esiste pure la videocassetta che nessun fans deve mancare. Quello che vedete al suo interno è qualcosa che nessuna immaginazione, nemmeno la più fervida, può auspicare. E’ il tripudio dell’immagine e della musica e forse pure il canto del cigno di un gruppo che ha dato non tanto, ma troppo al genere Rock! Nel 2000 è la volta di un nuovo live. Ma “nuovo” si fa per dire, visto che si tratta del capolavoro "The Wall" dal titolo "Is There Anybody Out There? The Wall Live". Poi ancora un lungo silenzio sino ad arrivare ai giorni nostri con una raccolta di successi degna di questo nome, "Echoes: The Best". Effettivamente questa racchiude molti cavalli di battaglia e chi non conoscesse bene il gruppo forse farebbe meglio a farci un pensierino.

Non possiamo aspettarci di meglio, lo so, di anni ne sono passati, ma mi piace credere, o meglio sperare, che il “Fluido Rosa” non sia terminato qui. Come un bambino credo nelle favole, chissà…

 

CURIOSITA’

A Saucerfull Of Secret - Saucerful è stato il primo Brano dei Pink Floyd che mi sia veramente piaciuto suonare come tastierista" (R. Wright). "Questo brano è nato per caso e non a tavolino" (Waters).

Apologies - Questo è il titolo di un brano fantasma mai edito dai nostri, secondo indiscrezioni tutto è nato a causa di un disturbo telefonico durante un colloquio la canzone di fatto si intitolava 'Apples and oranges'

Tatood e Great Lost Pink Floyd Album - Sono i titoli di due rarissimi bootleg del 1969 in versione quasi uguale all'originale contenenti i brani “Flaming”, “The Scarecrow”, “The Gnome E Matilda Mother” ,”Apples And Oranges”.

Candy And A Currant Bun - Nel 1966 non avevano ancora un contratto discografico che già collezionavano la loro prima censura. Il brano non poteva essere pubblicato a causa della sua allusione all'uso dello spinello. Raramente venne suonata dal vivo.

Sigma 6 / T-set / The Meggadeaths / Abdabs - Sono alcuni dei nomi con cui si chiamavano prima di diventare Pink Floyd.

Atom Heart Mother - Anche se non citato nel disco, Ron Geesin è l'autore orchestrale e principale scrittore del brano. Fù persino colui che diede il titolo alla suite cercandolo casualmente in un giornale. Dice invece Mason: 'Nella copertina abbiamo messo una mucca perché tutti oggi cercano qualche cosa di complicato mentre noi vogliamo soltanto qualcosa di semplice!'
Echoes “The Return Of The Son Of Nothing” era il suo titolo provvisorio. Anche questo brano è nato con la casualità, senza uno studio già predefinito.

Lucy Lea (InThe Blue Light)
- E' la prima canzone in assoluto dei PF scritta da Barrett e mai pubblicata.

The Man - Altro mistero della discografia PF. E' un brano di quaranta minuti esibito solo dal vivo dal 1969 al 1970 e mai edito.

Moonhead - Ancora un altro brano inedito scritto per commentare l'allunaggio (evento storico del periodo) per la televisione Olandese.

Free Four - Tratto dalla colonna sonora “Obscured By Clouds” parla dell'uccisione in guerra del padre di Waters e sarà ispiratrice pure di 'The wall' e di 'The final cut'.

One Of These Days - E' uno dei rari momenti canori da parte del batterista N. Mason, sua è la voce distorta che interpreta (anche se brevemente) il brano.

Ummagumma - E' il sinonimo di 'Fuck'!

Vegetable Man - Altro brano inedito del 1967 scritto da Barrett e presente solo in qualche bootleg

What Shall We Do Now? - E' un brano tratto dal capolavoro “The Wall” ma non inciso nel disco per motivi di spazio. Questo viene suonato esclusivamente dal vivo con “Empty Spaces”.

The Wall - Segnò la fine della collaborazione tra i componenti del gruppo, la tensione all'interno era altissima, Waters era sempre di più il tuttofare, al punto che Wright e Mason non vengono citati nemmeno sulla copertina del disco.

Welcome To The Machine - Il rumore che apre il brano è composto da pulsazioni di un VCS3 modificate con l'effetto "eco".

Have A Cigar - E' cantata da Roy Harper perchè aveva tonalità troppo alte per Waters.

Shine On You Crazy Diamond - Il 5 Giugno durante il mixaggio del disco fece comparsa negli studi un uomo grasso e pelato, nessuno lo riconobbe ma era Syd Barrett!!!
Sheep “Raving And Drooling” era il suo primo vero titolo.

Us And Them - Tratta da “The Dark Side...” risaliva al 1969 e si intitolava “The Violence Sequence”

The Final Cut - Il disco della dipartita di Waters, che con queste storie di guerra era diventato troppo paranoico e dopo oltre dieci anni di militanza venne allontanato dal gruppo che dichiarerà: 'Non volevamo più fare musica così.'



CHI SI E’ ISPIRATO AI PINK FLOYD?

L'importanza dei Pink Floyd nella storia della musica è risaputa da tutti. Quanti complessi hanno cercato in qualche modo di emulare i propri idoli o almeno di ispirarsi a loro? Certamente tantissimi, oserei dire che è impossibile elencarli tutti, ma mi limiterò a fare qualche nome in ambito Progressive moderno e non scegliendo i nomi più significativi, quelli che in ogni caso hanno saputo dare un tocco personale e non ve ne abbiate se qualche nome mi è sfuggito.

PENDRAGON
Nick Barrett, voce e chitarra dei britannici Pendragon, ha una forte e spiccata personalità e tutte le sue composizioni sono piccoli gioielli a se stanti, ma se facciamo un’attenta analisi del suo modo di comporre possiamo trovare molte analogie con i Pink. In “The Wall Of Babylon” tratto dal fortunato “The Wind Of Life” (Toff 1993) l'introduzione del brano è pressoché identica a quella di “Shine On You Crazy Diamond”, mentre in '”Breaking In The Spell” dello stesso disco troviamo quel modo di concepire la chitarra che dicevo prima, tanto caro al Gilmour anni '90. Nel meraviglioso “The Masquerade Overture” (Toff 1996) ritroviamo oltre alla chitarra Gilmouriana pure i cori femminili usati pesantemente negli ultimi lavori dei Pink. Nel brano “Master Of Illusion” c'è la prova più evidente di questo. Nel disco “Not Of This World” (SPV 2001) è tutto un susseguirsi di questi cori femminili e di richiami ai maestri.

Comunque sia la loro ispirazione è di chiara matrice Pop Rock e non Psichedelica come i primi Pink Floyd. In parole povere i Pendragon raccolgono il lato melodioso con quelle chitarre trascinate e quelle tastiere che fanno da sfondo, con tappeti sonori letteralmente da brivido. Bravi nel saper dosare la fantasia con la lezione dei maestri. VOTO: 8

PORCUPINE TREE
Il gruppo del carismatico Steve Wilson è certamente l'esempio lampante di come poter progredire quello che gli altri hanno fatto di buono. I Porcupine Tree sono molto ispirati dai Pink, ma in questo caso da quelli più psichedelici e sognanti degli anni 60/70. Echi, suoni di sottofondo, voci radiofoniche ed elettroniche fanno da tappeto a molti brani. Il loro equilibrio musicale è tale da non poterli catalogare in nessun genere specifico. Agli esordi la loro psichedelia sovrastava tutto il resto e dischi come “On The Sunday Of Life...” (Delirium 1988), ”Voyage 34” (Delirium 1991), “Up The Downstair” (Delirium 1993), “The Sky Moves Sideways” (Delirium 1997) e “Sygnify” ne sono testimonianza.

“The Sky Moves Sideways” è il disco più vicino ai Floyd, proprio con il brano omonimo, suddiviso in due parti della durata di circa 18 minuti l'una. Persino l'artwork bucolico con all'interno paesaggi rurali ed immancabili mucche richiama scandalosamente alla memoria “Atom Heart Mother”. Conclusa però l'esperienza Delirium con la stupenda raccolta “Stars Die” i Porcupine Tree progrediscono il proprio sound verso nuove sonorità a tratti più semplici ed a tratti più articolate senza mai deragliare dai binari di origine. ”Metanoia” (Delirium- 2001 ) racchiude le session registrate durante “Signify” e che suggella definitivamente il rapporto con la suddetta casa discografica. Questo lavoro completamente strumentale è il momento più vicino in assoluto ai PInk da parte dei nostri ragazzi. Gli album successivi saranno dei veri e propri capolavori da avere assolutamente e brilleranno di luce propria, senza troppi accostamenti a questo o a quel gruppo, insomma saranno Porcupine Tree sound e basta. I titoli sono i seguenti : “Stupid Dream” (K scope 1999), “Lightbulb Sun” (K scope 2000) ed “In Absentia” (2002). La maturità è raggiunta, ecco i nuovi Floyd! VOTO: 10

MOSTLY AUTUMN
Non crederete alle vostre orecchie quando ascolterete almeno un brano dei bravissimi svedesi, un connubio perfetto fra Folk, Rock Progressive e Pink Floyd. Il tutto come se non bastasse, è impreziosito dalla meravigliosa voce di Heather Findlay e dal dolce flauto di Angela Goldthorpe. I componenti della band sono addirittura otto e tutti amanti di atmosfere bucoliche, storie di montagna e racconti leggendari fatti davanti ad un accogliente camino acceso e ad una buona birra. Queste rilassate atmosfere vanno a braccetto proprio con il sound Pinkfloydiano più recente, con assoli di chitarra da brivido lunghi anche cinque minuti, assolutamente riconducibili ad un Gilmour ispiratissimo (per esempio l'assolo di “Confortubly Numb” tanto per intenderci).

Sia la chitarra di Bryan Josh che la sua voce emulano in tutto e per tutto il maestro succitato. Copiaticcio quindi? Niente affatto, il Folk è così presente che il risultato finale è assolutamente strabiliante. Cercateli, perché sentiremo ancora parlare di loro. I dischi sono i seguenti: “For All We Shared....” (Cyclops 1998), “The Spirit Of Autumn Past” (Cyclops 1999), “The Last Bright Light” (Cyclops 2001) e “Passengers” (Classic Rock 2003). Ogni titolo è un acuisto sicuro e forse qualcuno mi ringrazierà.... VOTO: 9

LANDS END
Dalla prolifica Inghilterra e dall’attenta casa discografica Cyclops ecco un altro gruppo dal sound mistico. Aria, terra, mare e monti sono di nuovo gli argomenti trattati, questa volta da Mark Lavallee e soci. Chissà perché ma i Pink Floyd riescono ad ispirare sempre molti sentimenti ariosi in chi li ascolta e di riflesso molti gruppi ripercorrono questi sentieri a volte con buoni risultati.

Nulla di Folk questa volta, ma molte tastiere ed il compito gravoso viene suddiviso fra Mark e Fred Hunter. La chitarra è importante ma non certamente in prima linea, anche se Francisco Neto riesce a fare un ottimo lavoro d'atmosfera. Il primo CD si intitola “Terra Serranum” (Cyclops 1995) e mostra in qualche modo i limiti di inesperienza del gruppo anche se alla fine resta la certezza di un lavoro onesto. Buono il successivo “An Older Land” (Cyclops 1996), ma il vero lato Pinkfloydiano dei Lands End fuoriesce in pieno su tutto il bellissimo “Natural Selection” (Cyclops 1997). Il disco contiene pure un brano di mezz'ora da brivido. Molta psichedelia dunque fra i solchi di questo CD e tanta voglia di sperimentare senza mai esagerare, tenendo sempre in primo piano l'importanza della melodia. Non male... VOTO: 7

FRUITCAKE
Dalla fredda Norvegia ecco un altro obbiettivo centrato dalla casa Cyclops: i Fruitcake. In questo caso siamo di fronte ad un contest più Progressive classico, alla Genesis per intenderci, anche se il leader carismatico, sennonché batterista e cantante Pal Sovik, canta in modo spudoratamente simile a Gilmour.
Un velato senso di tristezza aleggia in ogni loro lavoro ed in “Room For Surprise” (Cyclops 1996) forse tocca l'apice con brani oscuri come “Time To Go” con tanto di tuoni e pioggia. I Pink comunque aleggiano in ogni dove e soprattutto quelli di “The Wall”. Le tastiere sono in evidenza e manco a dirlo troviamo descrizioni di paesaggi rupestri e marini. Questi soggetti si ripercuotono in tutti i dischi portando l'ascoltatore a meditare, colpito da tanta velata tristezza. Consiglio: “How To Make It” (Cyclops 1994), “Room For Surprise” (Cyclops 1996), “On More Slice” (Cyclops 1997)e “Power Structure” (Cyclops 1998). Certamente non originali, ma in alcuni di voi faranno sicuramente breccia. Bravi. VOTO: 6,5

ANATHEMA
Sforiamo in campo Metal, ma non possiamo ignorare una realtà così grande come quella degli Anathema. Cominciano con un Death Metal pesantissimo per poi regalarci capolavori quali “Alternative ” (Pieceville 1998), “Judgment” (Music For Nations 1999), “A Fine Day To Exit” (Music For Nations 2002) e “A Natural Disaster” (Music For Nations 2003). Il loro continuo evolversi li avvicina in qualche modo al mondo Progressive e la loro ispirazione chiaramente dichiarata ai Pink Floyd è grande. Pure loro si ispirano a “The Wall”, pesanti, tristi, quasi disperatamente pessimisti. Dedicati a tutte le anime oscure che camminano sulla terra. Anathema, quando la buona musica è Metal! VOTO: 9

ARENA
Questo meraviglioso gruppo musicale, al quale non finirò mai di dire ‘grazie di esistere’, ha molto poco a che fare con i Floyd. Molto ispirati dai Genesis, nel tempo hanno dimostrato di essere loro i nuovi Marillion (e anche qualcosa di più). E allora cosa ci fanno fra queste righe? Presto detto, alcuni brani come “The Hanging Tree”, tratto dal meraviglioso “The Visitor” (Verglas 1998) sono spudoratamente Pinkfloydiani, soprattutto grazie alle chitarre di John Mitchell. Poi è di nuovo “The Wall” a farsi strada fra i solchi. Nulla da eccepire. VOTO: 9

GLASS HAMMER
Andiamo direttamente al sodo, il gruppo del bravo Stephen De Arque ci ha regalato un capolavoro dal titolo “Perelandra” (Arion Records 1995). Questo è un mix di AOR, Prog e Pink! ed il brano “Into The Night “ ci presenta la parte più sognante e spaziale dei nostri ispiratori. Tastiere in evidenza sono l'ingrediente principale di questo disco molto equilibrato e ricco di influenze Prog. Cercatelo assolutamente, non deve mancare in nessuna discografia che si rispetti e tantomeno da quella di chi ama i Pink. VOTO: 8

RPWL
Dalla Germania un gruppo che non fa gridare al miracolo per la fantasia, ma che nella psichedelia moderna è sicuramente fra i migliori. L'influenza Floydiana è ovviamente marcata, specialmente quella dell'ultimo periodo, mi riferisco a "The Division Bells", ma persino i Porcupine Tree fanno capolino qua e là. Non solo suoni ariosi e suoni alla "The Wall", ma persino momenti pop melodici arricchiscono i lavori di questi promettenti ragazzi tedeschi. I dischi da loro composti sono tre: "God Has Failed" (Tempus Fugit 2000), "Trying To Kiss The Sun" (Tempus Fugit 2002) e lo straordinario ultimo lavoro con tanto di DVD incorporato "Stock" (Tempus Fugit 2003). VOTO: 9

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