Rock Impressions

Place Called Rage PLACE CALLED RAGE - Place Called Rage
Escape Music
Distribuzione italiana: Frontiers
Genere: Hard Rock
Support: CD - 2012
Voto: 80/100


Era il 1995 ed la piaga grunge era in piena azione distruttiva verso l'hard rock/hair metal, ma quattro musicisti provenienti da Long Island (NY) furono ingaggiati per registrare un album che rappresentasse il suono locale, le cui incisioni finirono sul mercato giapponese sino alla recente decisione della Escape Music di recuperare quelle canzoni e portarle a tutti noi in versione 'fully remastered 24-bit recording'.

I quattro si chiamano Al Pitrelli (ch, - Alice Cooper, Megadeth, Trans Siberian Orchestra, Asia, Savatage), Tommy Farese (vc - Trans Siberian Orchestra, Rondinelli), Danny Miranda (bs - Blue Oyster Cult, Queen con Paul Rodgers) e Chuck Bonfante (bt - Saraya, Joe Lynn Turner), sinonimo di professionalità e qualità, tanto che il progetto scrisse e registrò i brani in una sola settimana con risultati che alle mie orecchie suonano deliziosamente ROCK, con buoni arrangiamenti senza esagerare in leziosità inutili in questo contesto.
I dodici episodi consegnati alla storia dal quartetto sono all'insegna di un hard rock aspro, condito dalle ruvide corde vocali di Farese e dalle incisive chitarre di Pitrelli che non si abbandona a sterili esercizi chitarristici, ma va dritto al segno e non disdegna di abbeverare l'ispirazione alle fonti del southern rock e del blues più genuinamente americano.
Si parte alla grande con la divertente "I Know Where You Been" (con qualcosa di Tangier, Cinderella e Little Caesar), si passa per il torrido blues "Trapped" (con le tastiere di Mark Mangold - Touch, Drive She Said) fra Stevie Ray Vaughn, Free e Lenny Kravitz, la classica power-ballad "Take It Lying Down" (e quella più strappalacrime "Jenny Doesn't Live Here Anymore") ed il rock americano da radio di "Someday" e "Can't Find My Way Home", imbattendosi nella trascinante "Thunderbox" (pensate ad una versione blues-hard rock dei Rolling Stones più intriganti) per chiudere con un omaggio ai classici dell'hard rock americano (Aerosmith in primis) con "Chained To A Maniac".

Non biasimo assolutamente l'aria cruda del suono (spesso si tratta di incisioni 'buona alla prima') che rende ancor più simpatico questo progetto rimasto, purtroppo, isolato.
Non aspettatevi un levigato e iperprodotto cd, ma una solida e sana raccolta di canzoni basate su un caldo Hard Rock Blues che resistono alla prova del tempo ed avrebbero meritato miglior sorte commerciale. Che sia adesso la volta buona? ABe


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