Dopo il brillante esordio il duo partenopeo delle PMS torna con un
album completo, la prova sulla lunga distanza, la misura della bontà
della proposta offerta da queste musiciste non convenzionali, che
si permettono di sperimentare in un mondo che sembra aver dimenticato
il gusto per la ricerca e l’innovazione. Martina Mollo e Caterina
Bianco giocano a mescolare la tradizione musicale napoletana col neo
folk, la neo classica da camera e l’elettronica, tutto condito
con un gusto gotico (penso ai Dead Can Dance, ai Cocteau Twins e ai
This Mortal Coil) a cui il nostro panorama non è molto abituato.
L’originalità delle PMS non risiede nei generi musicali
da cui partono ma nel risultato finale che risulta del tutto imprevedibile.
Il disco è diviso idealmente a metà, i primi cinque
brani sono cantati, mentre gli ultimi quattro sono strumentali, non
nego che per quelli cantati la suggestione è forte, con testi
ricchi di significati, mai banali, spesso caustici e talvolta perfino
disturbanti. Quelli strumentali sono densi di poesia, momenti d’arte
che non hanno bisogno di parole per comunicare con l’ascoltatore.
Già dall’iniziale “Il Cielo Gonfio di Giallo e
Grigio” si capisce che queste artiste sono fuori dall’ordinario,
cantato dissonante, costruito su una linea melodica avvincente, occorre
personalità per presentarsi così. “Lo Scrivo in
Metro” gioca col trip hop, il testo è graffiante e intenso,
partendo dalla relazione con un partner deludente propone riflessioni,
ma sono i temi musicali che intrigano di più, fra sperimentazioni
ai limiti del noise e qualche tocco neoclassico. Più rilassante
“Nudi”, quasi cantautorale, un mix di tradizione e nuove
tendenze, in alcuni momenti vicina a quanto fatto da artisti come
Imogen Heap, ma anche in questo caso è la ricchezza del sound
composto dal duo ad affascinare. “D’Ombra” è
poesia fatta musica, grande lirismo e intensità. In “Viandanti”
rileggono la tradizione napoletana in chiave moderna. “Catarsi”
è il primo brano strumentale, il titolo promette un’oasi
di pace, sembra un “notturno”, davvero una bella parentesi.
Anche “Mudanza” indica cosa si ascolta, piece ritmata,
dominata da un senso di attesa abbastanza drammatico. “Salendo
il Molariello” è molto introspettiva, non basta un ascolto
per apprezzarne tutta la complessità. La chiusura è
affidata a “Ritorni”, che è ancora più lenta,
quasi come a completare la discesa nell’io più intimo.
Disco fortemente suggestivo e non facile, che impone un ascolto attento
e critico in quanto Martina e Caterina cercano di proporre un linguaggio
musicale molto ricercato e ricco di spunti interessanti. Sicuramente
un lavoro di grande spessore artistico. GB
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