Ci sono recensioni facili da scrivere, e ce ne sono alcune che sono
decisamente difficili. Recensire un nuovo album dei Pretty Things
sembrerebbe apparentemente facile, mezza recensione per raccontare
la storia di questo gruppo leggendario e poi qualche parola per descrivere
il contenuto del disco. Questo però non è un album come
gli altri, no non lo è proprio. Questa è l’ultima
incisione fatta da Phil May, che a maggio ha intrapreso il “grande
viaggio”. In un certo senso è il suo Black Star, tra
l’altro May è un artista che Bowie amava al punto da
inserirne due cover in Pin Ups. Al suo fianco l’amico Dick Taylor,
che era nella primissima formazione dei Rolling Stones.
Nonostante tanti anni di attività alle spalle, spesso all’insegna
di un rock molto energico, in particolare dal vivo, questo è
il primo album acustico con un ritorno al blues più ruvido
e rovente. Taylor suona in modo impeccabile, quando usa il “bottle
neck” fa venire dei brividi grossi, e su tutto la voce magnetica
ed evocativa di May, un connubio dalla forza strepitosa. Undici brani,
più una bonus track, regalano emozioni senza tempo e rappresentano
un viaggio nella storia della musica che ha dato il via a tutto quello
che abbiamo imparato ad amare.
Un testamento musicale quindi, l’ultimo atto artistico di un
rocker che forse non ha raggiunto il successo internazionale di altri
suoi colleghi, ma che ha lasciato un segno profondo nella storia del
rock. GB
Altre recensioni: S.F.
Sorrow
|