Dalla terra di Siena arrivano i Profusion (che al loro interno hanno
anche componenti di altre nazionalità) con il secondo album,
una band ancora giovane con tanta voglia di mettere in mostra le proprie
doti, ma che ha già attirato su di se un’attenzione internazionale,
infatti questo secondo album esce sulla label americana ProgRock.
Il loro sound è legato al prog metal che si è sviluppato
sulle orme dei Dream Theater, ma i Profusion non si sono fermati all’imitazione,
cercando di trovare una via personale e da quello che ho ascoltato
mi sento di dire che stanno riuscendo nel non facile intento di dare
un personale contributo al genere.
L’incipit del disco è affidato al tour de force ritmico
di “Ghost House”, la band senese ha voluto mostrare subito
i muscoli, come a dire “ci siamo”, ma sono le melodie
a catturare la nostra attenzione, davvero riuscite. Segue la metallica
“Taste of Colours” divisa in due parti, a sorpresa ci
sono inserti jazzati, che si amalgamo al metal con una naturalezza
sorprendente. La seconda parte ha un inizio romantico affidato al
pianoforte, più legata ad un’idea di prog più
classico, bello il cantato di Luca Latini, carico di passione, poi
il tutto prende delle movenze molto metal e a mio parere perde di
fascino, pur restando una prova interessante. “Treasure Island”
affronta il tema del mare con una verve molto teatrale che domina
il pezzo, un brano epico, con partiture e geometrie davvero personali
e convincenti, l’atmosfera è carica di tensione e il
pezzo è davvero bello. “So Close But Alone” gioca
ad inserire esuberanti ritmi latin ad un contesto prog, esperimento
intrigante, anche se alcuni potrebbero faticare un po’ ad abituarsi,
ma in certi momenti è davvero geniale, c’è perfino
un intermezzo vicino al flamenco. La breve “Tkeshi” offre
un’altra chiave di lettura ancora, fra il folk e il tribale,
ma è troppo breve e sembra quasi più un divertissement.
“Chuta Chani” è un altro pezzo forte del disco,
parte con un aura di mistero e cattiveria che pian piano si evolve
in un romantico andamento, sinuoso come un serpente ed efficace come
un predatore, col cantato entra una melodia molto catchy, con un refrain
che si stampa subito in testa, ma non è finita qui, c’è
pure un intermezzo che sembra tratto da una partitura classica. Questo
brano da solo vale l’acquisto del cd. Anche “The Tower”
è divisa in due parti, bella e personale la prima, con un metal
intrigante e complesso, ma anche molto melodico. La seconda parte,
che è quasi interamente strumentale, mi sembra un po’
uno sfoggio di abilità, questi musicisti ci sanno fare, grande
preparazione tecnica, ma preferivo i pezzi dove univano la tecnica
alla ricerca melodica, erano più personali e alla fine vincenti.
Siamo verso la fine del cd e arriva la ballatona “Turned to
Gold”, che propone ancora intriganti inserti fusion che rendono
dinamico il pezzo, ancora una volta dominato da belle melodie. Chiude
una zampata di energia con “Dedalus Falling”, un volo
pindarico giocato su intensi vortici ritmici. C’è anche
una traccia segreta alla fine del cd, che riprendendo il brano di
apertura aggiunge un pizzido di pepe ad un lavoro che mi è
piaciuto dall’inizio alla fine.
RewoToweR è un ossimoro e si basa sul concept di una torre
da esplorare in modo ascendente e discendente, concetto intrigante,
ad ogni piano della torre un livello diverso, come un gioco elettronico
in cui non sai mai cosa ti aspetterà dopo… o se preferite
un’immagine più romantica è come la famosa scatola
di cioccolatini di Gump. Questi musicisti eclettici hanno fatto un
disco coi controfiocchi, vanto del panorama italiano, che è
sempre capace di distinguersi. GB
Altre recensioni: Phersu
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