E’ con piacere che vi presento un nuovo progetto della prolifica
Germania in ambito Rock Progressivo, Project: Patchwork. La mente
costruttrice è quella di Gerd Albers, compositore, chitarrista,
tastierista e cantante che si combina con quella del chitarrista Peter
Koll. La lista degli artisti che vanno a coadiuvare questo album è
davvero lunga e stellare, sono più gli special guest che le
canzoni. Una lista lunga a cui poche volte nella mia navigata carriera
di scribacchino, mi sia capitato di assistere! Molti gli strumentisti
tedeschi, per fare alcuni nomi si incontrano Kalle Wallner alla chitarra
(RPWL), Martin Schnella alla chitarra (Flaming Row, Seven Steps To
The Green Door), Marek Arnold alle tastiere (Seven Steps To The Green
Door, Toxic Smile, Cyril, United Progressive Fraternity) ed altri
ancora. Tutto questo può fare intuire la direzione artistica
di questo progetto a chi di voi è ferrato ed amante di questo
stile. Ci sono anche i fiati di Claudia Orth (flauto) e di Marek Arnold
(sax soprano, oltre che il bouzuki di Yossi Sassi (ex Orphaned Land).
Il totale ammonta a 40 musicisti e ben tre produttori! Il
libretto interno che accompagna il disco è al riguardo dettagliatissimo,
con tanto di spiegazione brano per brano e nominativi di chi vi partecipa.
Questo è il sogno giovanile di Gerd Albers, che vede realizzarsi
soltanto oggi nelle nove canzoni di “Tales From A Hidden Dream”.
Dentro ci sono le suite, “Oblivion” di tredici minuti
e mezzo e “Incomprehensible” di diciotto, a coronamento
di uno stile musicale che negli ultimi mesi di questo 2015 sembra
rivivere nuove attenzioni sia da parte del pubblico che dei media.
Si comincia con il piano sognante di “Beginning”, brano
scritto nel 2012 e suonato da Johannes Hahn e da Marek Arnold al sax,
per poi passare alla prima suite datata 2014, “Oblivion”.
Qui di cose ce ne sono da ascoltare, dagli interventi elettronici
alle chitarre Hard, agli arpeggi fino ai buoni assolo (specie di chitarra)
e cambi di tempo. Cantano Lars Begerow (Row, Flaming Row” e
Claudia Kettler. Ci sono perfino passaggi in growl! Non nascondo che
il mio pensiero spesso va rivolto ad Ayreon, dell’olandese Arjen
Anthony Lucassen, ma quando si è avanti a questi progetti colossali
credo sia inevitabile. Le melodie sono gradevoli, si sogna e ci si
emoziona.
“The Turning Point” è affidata alla voce di Olaf
Kobbe e cavalca fra epicità, Hard Rock ed AOR. “Elysium”
con i suoi cori formati da voci soprano, alto, tenore e basso è
un breve intervento di un minuto che porta a “Land Of Hope And
Honour” ed alla voce angelica di Jessica Schmalle. Canzone Folk
d’impatto emotivo elevato, amplificato dal dolce flauto di Claudia
Orth e dall’assolo conclusivo di Pinkfloydiana memoria di chitarra.
C’è di bello che sono “canzoni”, non solo
Progressive a manetta, restano anche memorizzate alla mente, come
la rocchettara “Not Yet”. Si ritorna principalmente all’acustico
con “Every End Is A Beginning”, cantata in tedesco da
Magdalena Sojka, il momento più semplice dell’intero
disco. Influenze classiche per la ripresa di “Oblivion”,
qui con il titolo “Oblivion Things”.
Il disco si chiude con la seconda suite (in verità è
un demo), “Incomprehensible”.
Concedetemi il termine “Opera Rock”, anche se non lo è
a tutti gli effetti. Un disco ben confezionato sotto tutti gli aspetti,
questo si. MS
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