Cinque ragazzi di Brescia hanno dato vita a questo progetto musicale
che si ispira fortemente e volutamente alla prima stagione progressiva,
i modelli sono quelli che tutti possiamo immaginare, dai Pink Floyd
ai VDGG, con tutto quello che ci sta in mezzo, la presenza del flauto
richiama i Jethro Tull, ma anche i Gravy Train e ancora si possono
ricordare i Soft Machine e band più oscure come gli Still Life,
perché gli Psycho Praxis sembrano infondere nella loro musica
una profonda cultura musicale. Ci sono molti gruppi oggi che, rifiutando
la banalità della musica contemporanea, tornano ad ispirarsi
alle grandi band del passato, accreditandone il valore, ma non sono
molti quelli che riescono a fare dei dischi che sono veramente convincenti,
non tanto perché non sia facile ricreare certe atmosfere, ma
in quanto è difficile essere credibili e in qualche modo originali.
“Privileged Station” ci introduce nell’universo
sonoro di questi musicisti, che aprono il disco con un vortice emotivo
di un certo fascino, i tempi complessi e le spirali sonore ci calano
subito con intensità, il cantato non è sempre coinvolgente,
ma le parti strumentali sono molto belle e occupano la parte maggiore
dei brani, che sono mediamente lunghi. Le citazioni si sprecano, ma
la band dimostra una spiccata personalità, sembra infatti in
grado di riprendere il discorso dove i grandi l’hanno interrotto
e possa portarlo verso nuovi orizzonti. Il disco è pervaso
anche da tinte dark, che non sono marcate, ma comunque presenti, come
si può sentire anche nel brano “P.S.M.”, dove l’intreccio
hammond e cantato offre spunti davvero tenebrosi, nella seconda parte
il brano diventa quasi una ballata triste, molto poetica. “Hoodlums”
è un brano meno immediato degli altri, ha un suo fascino particolare,
dovuto anche alla scelta dei suoni della chitarra, trovo meno digeribile
il cantato. “Black Crow” è un episodio molto particolare,
quasi una suite, ci sono momenti pregevoli e coinvolgenti, anche se
ancora una volta ho faticato un po’ con il cantato, ma sulle
partiture strumentali nulla da eccepire. “Awareness” è
giocata su ritmiche particolari, quasi latin, ma l’intreccio
è molto solido, si tratta di un prog rock incalzante e riuscito.
Ma il vero pezzo forte è la conclusiva “Noon”,
che mi sembra il brano più esaustivo, quello che meglio rappresenta
tutte le qualità dei Psycho Praxis e dove il cantato è
anche meglio integrato alla musica.
Il debutto di questi musicisti è di quelli che lasciano il
segno, questi ragazzi hanno dato alle stampe una vera gemma e spero
che non passi inosservata, perché qui c’è davvero
dell’ottima musica, datata e vintage fin che volete, ma chi
ama certe sonorità perdonerà volentieri a questa abbondanza
di belle sensazioni. Noi intanto incrociamo le dita con la speranza
di un prossimo album, che sarà sicuramente più maturo
e quindi più intrigante. GB
|