I
Pyramid vengono da Barcellona e sono al loro terzo disco in studio.
Dal vivo hanno aperto per Symphony X, Gamma Ray, Rhapsody, Kamelot
e In Flames e sono una delle band spagnole più promettenti.
Il loro prog metal è molto influenzato da Dream Theater e seguaci,
ma se ad un ascolto superficiale possono essere confusi coi loro cloni,
non mancano però di spunti molto più personali, come
si può sentire in "Art Takes Word", un brano davvero
esaltante, con un'infinità di idee: da un medley centrale che
ricorda "Solace Of You" dei Living Colour a magistrali inserti
neoclassici. I primi due brani, in effetti, non mostrano situazioni
particolarmente interessanti, sono più che altro una presentazione
delle capacità del gruppo, inoltre, il cantato nasale di Javier
Cespedes non è particolarmente attraente. Ma dal terzo brano
in poi la musica cambia rotta verso un prog molto più sperimentale
ed elaborato, con inserti di jazz, di flamenco e molte impennate in
pieno seventies style, pur restando sempre in ambito metal. La lunga
e jazzata "Sister Sona" e l'articolata "La Pedrera"
sono grandi esempi di prog metal di altissimo livello, degno di sedere
al fianco dei gruppi più in voga e, in qualche caso, anche
di appannarli.
All'inizio pensavo di aver tra le mani uno dei tanti insignificanti
dischi di prog metal, ma siamo solo a metà disco e già
sono conquistato da quest'opera di grande livello. Il famoso architetto
Gaudì (1852-1926), gloria e orgoglio di Barcellona, viene esaltato
dalle geometrie intricate di questi alchimisti della musica. Gli episodi
restanti ci portano in un vortice di emozioni, a testimoniare che
la lucida visionarietà di uno degli ultimi geni di un epoca
romantica ormai conclusa è stata brillantemente trasportata
in note dai Pyramid, un gruppo a cui auguro un futuro solido come
le opere dell'artista a cui si sono voluti ispirare. GB
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