Rock Impressions

Quiet Riot - Rehab QUIET RIOT - Rehab
Demolition Records
Distribuzione italiana: Frontiers
Genere: Hard Rock
Support: CD - 2006

I Quiet Riot hanno tre meriti, il primo è di aver avuto in formazione il mitico chitarrista Randy Rhoads e il bassista Rudy Sarzo, che diverranno famosi alla corte del Madman, poi tutti sappiamo del tragico destino che ha colpito Randy, morto tragicamente in un incidente aereo; il secondo è quello di avere un cantante molto dotato come Kevin DuBrow; terzo e ultimo quello di aver azzeccato una cover degli Slade, “Cum On Feel the Noise” che ha trainato il disco Metal Health dell’83 ai vertici di tutte le classifiche mondiali, ma siccome il gruppo non è mai stato ricco di idee è iniziato un inesorabile declino e ben presto tutti si sono dimenticati di loro.

DuBrow ha provato a rimettere in pista il gruppo negli anni ’90 con scarsi risultati e fino ad un nuovo scioglimento, ma on mi sorprende comunque di ritrovare quel ragazzaccio di Kevin ancora in pista dopo tanti anni, in fondo anch’io macinai per bene il vinile di Metal Health sul piatto dello stereo tanti anni fa. Questo nuovo disco dovrebbe rilanciare il gruppo americano, ma francamente dubito molto che, a parte qualche nostalgico degli anni ottanta, ci possano essere molti interessanti in questa riesumazione.

Il disco per la verità apre bene con l’hard rock moderno di “Free” poi inizia una serie di brani prevedibili e poco incisivi, che si salvano solo per le doti vocali ancora intatte del buon Kevin. “Blind Faith” è scritto insieme a Glenn Hughes e si sente, non è imperdibile, ma resta un buon pezzo. “South of Heaven”, invece, è davvero mediocre. “Black Rain” è piena di rabbia, ma poco incisiva. Trascurabile anche la blueseggiante “Old Habits Die Hard”. Non male piuttosto la nervosa “Strange Daze”, che presenta un buon riffing di chitarra all’insegna di un mix di vecchio e nuovo hard rock ad alto potenziale. Molto standard “In Harm Way” con un giro che più banale e scontato non si può. Vagamente southern è “Beggars and Thieves”, ma anche il titolo stesso del brano non è molto originale. Verso la fine del cd ecco la blueseggiante “Evil Woman” dove il nostro sembra influenzato pesantemente dall’amico Glenn Hughes, ma poi ecco che proprio Mr Voice of Rock fa la sua apparizione e canta nel brano insieme a Kevin, grande assolo di chitarra e, sempre se il mio udito non mi inganna (il promo non è accompagnato da note), Hughes in questo pezzo suona pure il basso e il disco si impenna vertiginosamente, ma è un po’ tardi per risollevarlo dalla caduta, peccato. Chiude dignitosamente la bonus “Wired to the Moon”, ma le perplessità sul disco sono rimaste tutte.

In fondo Rehab è un disco che può piacere agli amanti del genere, alcuni momenti sono anche buoni, ma nel complesso è sotto la media e si salva solo per la classe dei musicisti coinvolti. GB


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