Rock Impressions

LOU REED, al PalaBAM di Mantova 25/02/06
di Giancarlo Bolther

Sabato sera pensavo di andare a vedere un bel concerto, al PalaBAM di Mantova arrivava un nome storico, che non ha certo bisogno di presentazioni: il New York boy Lou Reed. Un’occasione imperdibile. Ho sempre provato una grande stima per questo artista, che ha saputo come pochi altri essere un rifermento culturale e artistico di primo piano, un artista che ha sempre vissuto con coerenza, lontano dai fasti, il suo cammino musicale. Nonostante questo non ho mai seguito da vicino il suo percorso e non lo conosco così bene come dovrei, però volevo essere presente all’evento. Mi aspettavo una bella “raccolta” di canzoni umorali e di ballate metropolitane, un rock genuino e sincero con quello stile crudo e ruvido che ha sempre contraddistinto il nostro, mi aspettavo una serata piacevole e rilassante e invece con un notevole stupore e una certa meraviglia ho assistito ad uno dei più bei concerti che abbia mai visto in vita mia.

Il Transformer Lou è salito puntuale sul palco, solo un piccolissimo ritardo di qualche minuto e poi si sono spente le luci e i musicisti hanno presto posto sullo stage senza entrate trionfali, ma in modo semplice e spontaneo, come una vera rock ‘n’ roll band. La line up era piuttosto insolita: due chitarre, due bassi e batteria. In particolare erano i due bassi che colpivano, quello a sinistra del palco suonava un contrabbasso elettrico a sei corde con archetto e più raramente con le dita. Mentre l’altro alternava il basso elettrico a un contrabbasso elettrico, o forse una viola elettrica, o alla chitarra. Questi due insieme creavano un pazzesco Wall of Sound, che pompava in modo pazzesco. Il secondo chitarrista si occupava delle parti ritmiche, mentre Reed sferragliava a tutto spiano. Reed ha dimostrato di essere anche un grande chitarrista, il suo stile pieno era molto coinvolgente ha dato una vera lezione di classe. Il risultato era assolutamente straordinario, molto psichedelico e acido, molto, ma molto seventies, ma con un’esecuzione ineccepibile.

Molti dei brani proposti, che in circa un’ora e mezza sono stati dodici più un solo bis, iniziavano come ballate e poi grazie a dei crescento entusiasmanti si trasformavano in un hard rock psichedelico, che avrebbe fatto schiattare di invidia anche formazioni rocciose come i Deep Purple, ma che lasciava dietro anche tanti gruppi metal che un sound così se lo sognano. Per certi versi l’atmosfera ricordava i primi Pink Floyd di Syd Barret, ma il risultato era molto al passo coi tempi e non risultava mai caotico o “improvvisato”, tutto era perfetto, tutto era al posto giusto. Nonostante l’irruenza e la forza espressiva impressa dalla distorsione e dai vari effetti usati, era sempre molto chiaro il linguaggio musicale, Reed e compagni erano sempre padroni della situazione e portavano l’ascoltatore esattamente dove volevano. Anche i brani dilatati a dismisura avevano una loro completezza e una compiutezza che lasciava un grande senso di appagamento nel pubblico. Pochi brani famosi e tanta musica, Musica con la maiuscola, perché ci sono tanti nel rock che si limitano a fare delle canzoni a volte anche molto belle e indimenticabili, ma sabato abbiamo ascoltato della vera Musica e che Musica.

Reed è un gigante del rock e a distanza di tanti anni è ancora qui a insegnarci come si deve fare il vero rock, è ancora qui a dettare le regole del gioco e mi rendo conto che, purtroppo, abbiamo ancora bisogno di maestri come il grande Lou, perché dopo quarant’anni di onorata carriera fa ancora dei concerti che lasciano un segno profondo e indimenticabile nel nostro cuore. GB

Scaletta:
Paranoia Key of E
Sword of Damocles
The Day John Kennedy Died
Gassed and Stoked
Tell It To Your Heart
Rock Minuet
Why Do You Talk
My House
My Red Joystick
Street Hassle
Who Am I?
Mystic Child
Bis: Sweet Jane


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