Chi ancora dovesse pensare che il rock canadese è sinonimo
solo di grandi melodie e partiture sognanti si sbaglia di grosso,
ecco arrivare questi Rockeface che propongono un hard rock incendiario
che pesca negli anni settanta, ricordate i seminali Bachman Turner
Overdrive ad esempio? Ma che ricorda anche la lezione dei Cult di
Love, della sguaiatezza di Zodiac Mindwarp e della modernità
del post grunge.
La formazione è composta da Joseph Janisse (batteria e voce),
Ray Zilli (chitarra e cori)
e David Markham (basso e cori), un power trio con il batterista che
canta e come anche, la sua voce è praticamente perfetta, fra
il malinconico e lo sguaiato che a tratti ricorda quella di Bono,
a supporto un sound rotondo molto energico fatto di riffs taglienti,
ma anche di alcuni passaggi molto psichedelici. Uno degli episodi
migliori è “Lit”, che alterna passaggi distruttivi
a breaks sognanti, grande! Oppure l’inno “Death Never
Dies”, puro hard rock come non se ne sentiva da tempo. Ma mi
piacciono molto anche “High Time” e l’acida “Black
Out”. Ottima anche la produzione di Matt Dematteo.
Dodici brani caldi, ruvidi e scomodi come solo il miglior spirito
rock riesce a produrre, niente di veramente nuovo forse, ma questi
tre ragazzi hanno fatto un gran disco, semplice e diretto, con qualche
ingenuità forse, ma che ha la forza dei grandi dischi del passato.
GB
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