Rock Impressions

Ryker's - Never Meant to Last RYKER'S - Never Meant to Last
Beat Down Hard Wear
Distribuzione italiana: -
Genere: Hardcore Punk / Crossover
Supporto: CD – 2015


Nati in Germania nel 1992, sono diventati col tempo una delle band più importanti dell’harcore punk. Hanno inciso cinque album dal ’93 al 2000, anno dello scioglimento. Poi nel 2014 sono tornati insieme e questo è il loro settimo album. Il gruppo è accostabile a Sick Of It All e Agnostic Front. Non è un genere di cui mi sono occupato molto, anche se devo dire che la potenza oltraggiosa che esprime mi ha sempre colpito. Riff di chitarra secchi e molto anthemici, con ritornelli che pompano adrenalina. Di certo non è musica rilassante.

Il disco apre subito con un brano durissimo, “My Demons” è un pugno nello stomaco, la batteria è veloce con un chitarra feroce e dietro un basso che pulsa con cattiveria. Su tutto un cantato ai limiti dello scremo, ne esce un’istantanea densa di rabbia, poco più di un minuto e mezzo di concentrato di violenza musicale. Non meno efficace è la seguente “Fair Play Overrated”, più cadenzata, ma non meno potente. I brani sono tutti molto brevi e solo due superano i tre minuti. Musica immediata, incalzante, dura e cattiva, che parla di periferie e di emarginazione, non potrebbe essere diversa, quando la realtà che rappresenta non è meno intensa. I brani scorrono veloci e implacabili, con un buon senso d’insieme, melodie facili, ereditate dal punk, che entrano subito in testa e alimentano cori sguaiati come in “The Outcast’s Voice”, che coinvolge in un ritmo ondeggiante. Non è musica per tutti, occorre una buona dose di incazzatura per lasciarsi trasportare, ma di questi tempi non è nemmeno così difficile raggiungere il climax giusto. I singoli brani scorrono molto velocemente e ad un certo punto emerge più il senso d’insieme dei singoli titoli. Con poche deviazioni dalla direzione di marcia intrapresa fin dall’inizio. Anche se ci sono pezzi che mi piacciono di più come “Distractions” o come la tribale “Remembrance”, brani che riesco a convogliare in poche note un’energia devastante. Solo in chiusura troviamo una ballata, “Cowboy Song” mostra una band capace anche di rallentare.

Non tutti possono reggere questa forza d’urto. Un disco che è un vero inno di guerra urbana dall’inizio (fin quasi) alla fine e non si fanno prigionieri. Un impatto frontale da cui è difficile sottrarsi. GB

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