Il nome di Jason Sadites non dovrebbe essere sconosciuto agli appassionati
della sei corde, la sua foto è apparsa su una copertina del
prestigioso Guitar Player, nei suoi dischi precedenti hanno suonato
dei mostri sacri come Tony Levin, Kenny Aronoff, Marco Minnemann,
Gregg e Matt Bissonette, Chad Wackermann. Questo è il suo quinto
album, sono della partita il bassista Ric Fierabracci (Billy Cobham)
e nuovamente Marco Minnemann, col quale continua un’amicizia
sempre più solida.
I brani proposti sono otto e si parte con la ricercata “Red
Herring”, un pezzo molto complesso, ricco di suoni diversi e
atmosfere cangianti, la sezione ritmica composta da Ric e Marco si
produce in un insieme intricato di fraseggi che spaziano dal prog
al jazz, con momenti di grande virtuosismo per entrambe, nel mentre
Jason cesella passaggi armonici da brividi, con suoni molto freschi
e innovativi. “Mi-nee Mi-nee” è ai limiti della
fusion, il lavoro di basso è molto coinvolgente e spinge il
solismo di Sadites con enfasi, Marco non perde un’occasione
di mostrare tutta la sua esperienza alle pelli. Senza soluzione di
continuità si arriva a “Puffery”, in effetti il
susseguirsi dei pezzi fa pensare quasi ad una lunga suite, con cambi
d’atmosfera, alcuni temi vengono ripresi e sviluppati in modo
del tutto nuovo ed inaspettato, passando per generi musicali molto
diversi fino ad arrivare al metal e comunque sempre puntando ad un
virtuosismo tanto gradevole quanto sorprendente e ricercato. Numeri
funambolici e rincorse ritmiche si susseguono con incalzante precisione
per un disco che contiene idee che altri più parsimoniosi avrebbero
centellinato in più uscite, Jason in questo dimostra una generosità
non comune. Il gusto per la sperimentazione non abbandona mai Sadites,
che ad ogni traccia si reinventa, ascoltate quanto è fantasiosa
“Big Lie” per capire cosa intendo. Inventiva al potere
nella complessa “Demagogue”, uno dei momenti più
prog del disco. Chiude “Repercussion” col suo giro solare,
una sorpresa in un disco comunque giocato quasi interamente su tinte
molto scure e anche in questo caso Jason ne esce donandoci altre belle
emozioni.
Tales è un gran bel disco, dove chitarra, basso e batteria
sembrano più giocare a rincorrersi che altro, per la gioia
delle nostre orecchie. Jason si dimostra un musicista fantasioso e
raffinato, in possesso di una tecnica e di un’abilità
che sembrano naturali e innate e non frutto di duri anni di studio
dello strumento, doti che non mancano nemmeno ai suoi due compagni
di viaggio e questo rende il disco molto completo. GB
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