Gli Space Traffic sono un trio al debutto discografico, prendono il
nome da un episodio accaduto durante la missione Apollo del ’69
e credo che questo riferimento sia anche una chiave di lettura della
loro proposta musicale, che pesca nel passato cercando un approccio
fresco e moderno.
Il disco parte con il brano eponimo, si respira subito un’aria
vagamente retrò, si aggirano fantasmi dei primi Pink Floyd,
ma come detto c’è anche un’attitudine attuale che
rende molto fruibile il pezzo. Psichedelia unita a belle melodie e
un incedere sicuro fanno di questo titolo un intrigante mix di passato
e presente. L’atmosfera beat psichedelica la ritroviamo anche
nella beatlesiana “U Say U Love Me” e ancora emerge una
sana voglia di fare musica che sia memore del passato, ma anche buona
per le nuove generazioni. “Time Machine” è in bilico
tra garage rock e il primo hard rock, buono l’incedere incalzante
che mette voglia di muoversi. “Powder & Pride” è
una piacevole ballata malinconica che spezza un po’ il ritmo
del disco. “Hails of Love” gioca col blues, mentre “Mirror
Game” mi sembra il primo brano veramente personale, dove le
reminiscenze del passato prendono una piega personale e convincente.
Così è anche “Tear it Down”, un brano meno
immediato dei primi ascoltati, ma più personale. Con “Fire
From the Depth” la band arriva a citare il glam rock riuscendo
ad essere convincente anche in questo contesto, gran bel pezzo. Con
“The Dream” si torna alla psichedelia e si chiude in modo
convincente la parabola del disco.
Essendo un debutto ci sono alcuni difetti a livello di registrazione,
ma la qualità delle idee messe in campo è tale da consigliare
questa band, che potrebbe regalarci grandi soddisfazioni coi prossimi
lavori. GB
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