Questa giovane band avellinese esordisce col presente Ep, i componenti
sono degli amici un po’ stralunati, appassionati di musica garage
e con tanta voglia di suonare in corpo. Il nome bizzarro è
un velato omaggio al film Tenaciuos D con Jack Black, per ora non
c’è molto altro da aggiungere.
Il disco parte con “First Man (Almost) on Mars”, la chitarra
è da subito in evidenza col suo riffing garage punk inequivocabile,
il cantato è in bilico tra beat e punk melodico, con una bella
linea melodica, tutto risulta convincente anche grazie alle ritmiche
azzeccate. Molto sixties è la seguente “D Is For Dingo”,
mentre “Man of Clapham” è più originale,
anche se non mancano elementi che riconducono al periodo a cui il
gruppo fa riferimento, bella. “Abbott & Costello”
è decisamente dura, il genere è sempre lo stesso, ma
il gruppo mostra i muscoli e ne esce un brano coinvolgente. La chiusura
è affidata al primo singolo del gruppo, “The Book of
Guinnes”, una ballata malinconica molto carina, anche se non
mostra l’energia propria di questa band, che è davvero
coinvolgente.
Mi sono proprio piaciuti questi The D, anche se propongono un genere
che possiede già una lunga tradizione, sono riusciti a trovare
una dimensione che li caratterizza e che potrebbe definirsi ancora
meglio nei prossimi lavori. Il garage punk ha conosciuto diversi revival,
quello più importante è stato negli anni ’80,
con Barracudas, Fuzztones, Plan 9, Nomads, i nostrani Birdmen of Alkatrazz
e tanti altri, non mi spiacerebbe una seconda ondata importante, perché
è musica davvero bella e dannatamente romantica. GB
Altre recensioni: United States of Mind
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