Confesso che mi sono avvicinato a questo progetto musicale perché
ho letto che si ispiravano ai Blue Oyster Cult, una delle band meno
imitate e più originali di sempre, il nome stesso è
preso dal brano di apertura del primo album della band americana.
Ma il loro sound ingloba molte influenze, troviamo space rock, psichedelia,
punk, doom, heavy blues, dark wave e anche certo prog. Come se BOC,
Christian Death, Sonic Youth, Hawkwind e Mountain avessero cercato
di unire le forze. Al progetto partecipa anche una veterana illustre,
Lydia Lunch, fra le artiste alternative più importanti degli
ultimi quarant’anni, che guarda caso aveva inciso una versione
al vetriolo di Don’t Fear the Reaper, il grande classico del
Culto dell’Ostrica Blu.
I Transmaniacon sono un collettivo composto da Paul Cox alla chitarra,
Steve Cox alle tastiere, Ged Murphy alla chitarra, sul primo disco
alla voce c’era Simon Holliday, mentre sul secondo c’è
Maya Berlin, alla batteria si alternano Karl Hussey e Tom Mowforth.
Lydia sul primo album era un ospite, ma sul secondo ha contribuito
in modo più significativo.
Descrivere nei dettagli la musica proposta da questi artisti è
davvero difficile, come forse avrete intuito dai gruppi che ho citato,
solo in parte legati tra loro, il suono è pensante, claustrofobico,
da incubo, di sicuro i loro dischi si pongono come pietre di paragone
per il doom psichedelico, ma c’è molto di più
perché l’attitudine punk legata ad una profondità
degna del miglior progressive oscuro di King Crimson e Van Der Graaf
Generator, fanno dei Transmaniacon una band assolutamente originale.
Dei BOC prendono il sound carico di mistero e di oscurità dei
primi tre album.
Come parte la musica si viene catturati in un vortice discendente
inarrestabile, ben rappresentato dalle copertine ricche di particolari.
Un delirio organizzato che trascina l’ascoltatore incauto su
terreni insidiosi, dove non sai mai cosa può capitare. Non
è facile uscire da questo armageddon musicale. Capolavori assoluti
del dark sound del nuovo millennio. GB
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