U2: OLTRE LA MUSICA
di Maurizio Caverzan, pubblicato su Tracce Feb.2001 a cura
di Marco Parravicini
Si diceva una volta che il rock era la musica del diavolo. E forse
qualcosa di vero c’era. Ma oggi la più grande rockstar
del momento scrive prefazioni al libro dei Salmi: lui è un
quarantenne dublinese che si fa chiamare Bono ed è il leader
degli U2, forse la band di rock & roll più inventiva dell’ultimo
ventennio. Non che la loro musica si possa targare, al contrario,
"rock di dio". E per fortuna. Ma nel novembre ’99,
alla consegna degli Mtv Awards Europe avvenuta a Dublino, si è
assistito a un siparietto dai risvolti simbolici. Toccò proprio
a Mick Jagger, leggendario leader dei Rolling Stone, consegnare il
riconoscimento a Bono Vox. Il quale, davanti al pubblico della sua
città, si concesse una battuta significativa: "Questo
è il diavolo che premia dio". Niente più che una
battuta, appunto. Ma rivelatrice della consapevolezza che la musica
degli U2 contiene una carica a suo modo eversiva. Testi, interviste
e scritti di Paul David Hewson, questo il vero nome di Bono, documentano
la sorprendente testimonianza di uno spirito religioso e anticonformista:
"Spiegare la fede è sempre stato difficile. Come si fa
a spiegare un amore e una logica nel cuore dell’universo quando
il mondo è così pieno di guasti? Spiegare la fede è
impossibile... Visione più che visibilità... Istinto
più che intelletto". Domande e intuizioni di cui sono
piene anche le canzoni del gruppo di Dublino, città dove la
guerriglia tra cattolici e protestanti è andata avanti per
decenni e dove la convivenza creativa dei quattro compagni di scuola
del liceo Mout Temple ha rappresentato e rappresenta una piccola grande
anomalia. Oltre a Bono, anche il batterista Larry Mullen junior è
cattolico, mentre il chitarrista, The Edge (Dave Evans), è
protestante, più agnostico il bassista Adam Clayton. Paul David
ha imparato la tolleranza e la comprensione tra diversi in famiglia.
Ecco come ha raccontato la sua infanzia con i genitori, prima che
la madre morisse quando lui aveva dieci anni. "Mia madre era
protestante, mio padre cattolico, il fatto sarebbe stato irrilevante
ovunque, salvo che in Irlanda... Dopo essere andato a messa in cima
alla collina di Finglas, nella zona nord di Dublino, mio padre aspettava
fuori della piccola cappella della chiesa anglicana d’Irlanda
ai piedi della collina, dove mia madre aveva portato i suoi due figli...
Io mi tenevo sveglio pensando alla figlia del pastore e lasciavo vagare
lo sguardo per il technicolor delle vetrate. Quegli artigiani cristiani
avevano inventato il cinema... luce proiettata attraverso il colore
per raccontare la loro storia". In quegli anni la famiglia Hewson
vive a Ballymon, uno dei quartieri più poveri di Dublino e
Paul David frequenta il Mout Temple. Qui incontra Alison che qualche
anno più tardi diventerà sua moglie. E sempre in questa
scuola, oltre alla famiglia, nascono gli U2, fondati a 17 anni. Un
anno dopo il gruppo incide il primo 45 giri, Paul David diventa Bono
e, nel 1980 con il primo album (Boy) la popolarità del gruppo
varca i confini dell’Irlanda.
Elevation tour
Il 24 marzo prossimo da Miami, salvo problemi di sicurezza, partirà
l’"Elevation tour 2001", il tour mondiale del gruppo
che dovrebbe arrivare in Italia tra giugno e luglio. Elevation è
il terzo brano di All that you can’t leave behind (Tutto quello
che non puoi lasciare indietro) l’ultimo album del gruppo che
ha venduto quasi sette milioni di copie in tutto il mondo. Il titolo
del disco indica la strada del ritorno alle radici, il tentativo di
salvare le cose più care, gli amici. Piccolissima e mimetizzata
su un lato della cover che ritrae i quattro componenti del gruppo
all’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi si legge la scritta
J 33-3. È una citazione che nasconde il riferimento al versetto
3 del capitolo 33 di Geremia: "Chiedete a me e io risponderò
e vi dirò cose grandi e segrete che non avete mai conosciuto".
Probabilmente chi andrà ai concerti dell’"Elevation
tour" ascolterà Forthy, il brano ispirato al salmo 40
("Con pazienza ho atteso il mio Signore/ Si è chinato
su di me per ascoltare il mio grido/ Mi ha fatto uscire dal pozzo/
Uscire dal fango di questa terra...") che dal 1983, quando incisero
War, è il pezzo di chiusura di quasi tutti i loro concerti.
"Salmi e inni sono stati il mio primo assaggio di musica ispirata"
scrive ancora Bono. "Mi piacevano le parole, ma non ero sicuro
delle melodie, con l’eccezione del Salmo 23, Il Signore è
il mio pastore. Ricordo che venivano biascicati e cantilenati, più
che cantati. Eppure, in uno strano modo, mi hanno preparato all’onestà
di John Lennon, alla lingua barocca di Bob Dylan e Leonard Cohen,
alla gola spiegata di Al Green e Stevie Wonder. Quando ascolto questi
cantanti, mi ricongiungo a una parte di me per la quale non ho spiegazioni...
la mia anima, immagino. Parole e musica" continua Bono "hanno
fatto per me ciò che solide, addirittura rigorose argomentazioni
religiose non sono mai riuscite a fare, mi hanno introdotto a Dio,
non alla fede in Dio, piuttosto a un senso tangibile di Dio".
Questo è Bono. Non che la faccenda in sé modifichi formule
e contenuti dell’universo rock. Anzi. Tra i sacerdoti della
materia, critici e intellettualini on the road, il cristianesimo di
Bono Vox suscita ironia, disappunto, imbarazzo. Quasi sempre viene
espunto dalle recensioni, dalle cronache dei concerti. I testi sono
poco considerati, quasi mai citati. La critica passa ai raggi x le
sonorità, l’intreccio degli strumenti, le stratificazioni
ritmiche curate da Brian Eno e Daniel Lanois, autori di molte canzoni
del gruppo irlandese, ma la terza dimensione della rockstar più
atipica e anticonformista del momento rimane in penombra.
La strada giusta
Per niente bigotto, moralista o spiritualeggiante, non ha guardie
del corpo e non ama farsi scarrozzare in limousine nelle tournée.
Per raccogliere l’invito all’ultimo Pavarotti & Friends
ha rifiutato il volo privato e si è presentato con The Edge
e Brian Eno dopo un lungo viaggio su aerei di linea. "Un tempo
l’idea che le Scritture pullulino di ladri, assassini, codardi,
adulteri e mercenari mi spaventava, adesso è fonte di grande
conforto". Della sua musica dice: "Il pop è fatto
per dire alla gente che tutto va bene, il rock afferma il contrario,
ma anche che si può cambiare". E basta leggere i testi
di Wake up dead man (Svegliati uomo morto), o di Grace, per cogliere
il conflitto tra un mondo caotico e la possibilità di ritrovare
la strada giusta. E capire anche da dove nasce l’impegno civile
di Bono. Anche Alison, sua moglie, ora in attesa del quarto figlio,
non è esattamente quella che s’immagina la donna di una
grande rockstar. Impegnata nel Chernobil Children Project, va spesso
a Chernobil e si dedica all’accoglienza di bambini malati. Nel
1985, sposati da poco, marito e moglie andarono a lavorare in un campo
di pronto intervento in Etiopia a contatto diretto con la denutrizione,
l’abbandono, la miseria più sconvolgente. "In quei
momenti pensi che non dimenticherai mai - dice il cantante - poi invece
dimentichi e ritorni a fare l’artista. Per me era inaccettabile".
Per promuovere Jubilee 2000, la campagna per la cancellazione del
debito dei Paesi poveri, ha incontrato tutti i potenti della terra,
da Rockfeller a Clinton, dal primo ministro inglese Tony Blair al
segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan. Quando fu ricevuto
da Giovanni Paolo II gli regalò i suoi occhiali da sole e all’uscita
dall’udienza confidò: "Abbiamo un Papa molto funky".
L’anno scorso di questi tempi al Festival di Sanremo Jovanotti
rivolse il suo rap Cancella il debito a D’Alema, scatenando
un putiferio. Due giorni dopo arrivò Bono che, prima di cantare
The ground beneath her feet (La terra sotto i suoi piedi) scritta
con Salman Rushdie, scandì in italiano: "Signor Berlusconi,
aiuti il signor D’Alema ad aiutare i Paesi poveri". Tutti
zitti e fine delle polemiche.
Quattro ragazzi
Nell’ottobre scorso ha consegnato a Kofi Annan una petizione
firmata da 21 milioni di persone in favore dei Paesi poveri. "Ora
la salvezza del mondo è nelle mani di gente più qualificata
di me" ha detto rispondendo alla provocazione del Times che aveva
titolato "Can Bono save the third world?". Qualche giorno
più tardi è uscito l’ultimo album. Walk on, il
brano numero quattro, è dedicato a San Sun Kyi, la donna leader
dell’opposizione al regime militare della Birmania, già
premio Nobel per la pace nel 1991. E in Birmania il disco degli U2
è vietato: chi lo ascolta rischia la galera.
Qualche settimana fa il padre di Bono, Bobby, ha compiuto 75 anni
e lui ha invitato tutti gli amici a festeggiare il suo vecchio al
Clarence hotel di Dublino, un grande albergo di sua proprietà.
Ma al mattino, per dargli il buongiorno, gli aveva fatto trovare i
muri della città tappezzati da giganteschi manifesti con l’augurio
"Buon compleanno, papà".
Questo è Bono, leader degli U2, "una band che ha sempre
guardato oltre la musica". Una band che sotto le canzoni nasconde
"quattro ragazzi in una stanza piena di malinconia".
Grace
Grace, she takes the blame/ She covers the shame/ Removes the stain/
It could be her name/ Grace, it’s a name for a girl /It’s
also a thought that could change the world/ And when she walks on
the street/ You can hear the strings/ Grace finds goodness in everythingGrace,
she’s got the walk/ Not on a ramp or on chalk/ She’s got
the time to talk/ She travels outside of karma, karma/ She travels
outside of karma/ When she goes to work you can hear the strings/
Grace finds beauty in everythingGrace, she carries a world on her
hips/ No champagne flute for her lips/ No twirls or skips between
her fingertips/ She carries a pearl in perfect condition/ What once
was hurt, what once was friction/ What left a mark, no longer stings/
Because Grace makes beauty out of ugly things/ Grace finds beauty
in everything/ Grace finds goodness in everything
Grazia, lei si prende la colpa/Lei nasconde la vergogna/Lei rimuove
l’onta/Potrebbe essere il suo nome. Grazia è il nome
per una ragazza/È anche un pensiero che ha cambiato il mondo/E
quando lei cammina sulla strada/Ne puoi ascoltare gli archi/La Grazia
vede la bontà in ogni cosa/Grazia, lei possiede il cammino/Non
in salita o sul gesso/lei ha il tempo per parlare/lei viaggia fuori
dal karma/ lei viaggia fuori dal karma/Quando va a lavorare ne puoi
ascoltare gli archi/La grazia vede la bontà in ogni cosa/Grazia,
tiene il mondo alla propria mercè/Nessun bicchiere da champagne
tra le sue labbra/Nessun saltello o roteazione fra le sue dita/Lei
custodisce una perla in perfette condizioni/Ciò che un tempo
era dolore/ciò che un tempo era disaccordo/Ciò che ha
lasciato un segno/Non ferisce più/poichè la grazia fa
scaturire la bellezza dalle cose orribili/La grazia vede la bellezza
in ogni cosa/La grazia vede la bontà in ogni cosa
(Traduzione a cura di Tania Pais - Becher)
Recensioni: No Line on the Horizon
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